Dal 2000, e per almeno 30 anni, il Mart può contare su un nuovo quanto consistente deposito, quello della VAF-Stiftung di Francoforte. L’importante raccolta, incentrata sull’arte italiana del Novecento e ricca di oltre 1200 pezzi, fu iniziata nei primi anni Settanta da Volker Feierabend e nel tempo ha saputo ecletticamente affiancare i più importanti artisti del Novecento Italiano con ambiti di ricerca non certo sulla cresta dell’onda ma che col tempo hanno dimostrato il loro respiro internazionale, come nel caso dell’Arte cinetica e programmata.
Il percorso, mescolato senza interferenze con quello della collezione Giovanardi –altro importante deposito del Mart- e con opere di proprietà del museo, è classicamente cronologico e si apre con il misterioso pre-astrattismo di Romolo Romani, affiancato dall’impressionismo scultoreo di Medardo Rosso. Assai numerose le opere riferibili al Futurismo, tra le quali segnaliamo per lo meno due tra le più curiose: un teatrino di Depero del 1917 e dei pupazzetti-scultura di Gerardo Dottori realizzati assemblando pezzetti di legno, chiavi e bulloni. Segue il secondo importante nucleo della collezione, relativo agli artisti di Novecento. Bastino i nomi: Carrà, de Chirico, Morandi, de Pisis, Campigli, Casorati, Martini e Funi.
L’opposizione al classicismo è rappresentata nella sua duplice contrapposizione: da una parte gli artisti di Corrente, su tutti Guttuso, dall’altra l’astrattismo di Magnelli, Radice, Reggiani e soprattutto Veronesi.
Il filone astratto-razionale è quello che predomina la parte della collezione dedicata al dopoguerra, e indubbiamente quello che più ha saputo andare controcorrente, ricercando pittori lontani da mode e non ancora cannibalizzati dal mercato. Così, accanto ad artisti del calibro di Melotti e Prampolini, troviamo artisti poco conosciuti al grande pubblico, come Grignani e Ballocco. Pure l’Informale è ben rappresentato, con opere di Scanavino e Crippa, del recentemente scomparso Consagra e Sanfilippo, passando per
Una delle sorprese di questa mostra è, dicevamo, la ricca sezione dedicata all’Arte cinetica e programmata, da anni trascurata dalla critica (anche se quest’anno la Biennale di Praga le ha dedicato un’importante retrospettiva). Forme, colori e suoni in movimento che forse oggi appaiono un po’ archeologici, ma che visti nel contesto dei primi anni Sessanta svelano ancora tutto il loro misterioso fascino. Come l’opera di Boriani, dove della polvere metallica è messa in perpetuo moto da magneti. Imprescindibili infine le numerose opere pop: tra Rotella e Schifano, Festa e Angeli, Bertini e Del Pezzo, a primeggiare è forse l’auto da corsa di Scarpitta posta all’ingresso della mostra.
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Articolo molto interessante che evidenzia il percorso dell'arte italiana del 900.
Interessante la collezione della Fondazione VAF.
Ho gradito leggere ciò che riguarda il filone astratto -razionale che giustamente dice: ...quello che più ha saputo andare controcorrente...
Articolo scritto molto bene.
Maria Pezzica