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fino al 21.XI.2004 Carol Rama Rovereto (tn), Mart
trento bolzano
Un’intera carriera artistica fuori dagli schemi. Un’irriducibile ottantenne ancora estremamente contemporanea. Centocinquanta lavori raccontano Carol Rama. Dagli acquerelli con le scarpe, alle gomme delle biciclette, dal ritorno alla figurazione, alle mucche pazze…
“Dipingo per guarirmi” ha detto più di una volta Carol Rama, che l’arte l’ha vissuta -e la vive- come un’esigenza fondamentale, come qualcosa che ha a che fare, in un groviglio inestricabile, tanto con il male di vivere, quanto con la voglia di capire. A lei –decana, premiata alla Biennale di Venezia del 2003- il Mart dedica una retrospettiva realizzata in collaborazione con la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino: centocinquanta opere, tra cui alcuni facenti parte della collezione permanente del museo di Rovereto.
I lavori che vanno dalla fine degli anni Trenta e Quaranta, prevalentemente acquerelli, hanno come soggetti/oggetti scarpe, dentiere, renards, lingue, scope, falli, sedie a rotelle, pennelli da barba, feci, sessi femminili e maschili, pissoir, letti di contenzione, palette, anomali amplessi. Ciò che colpisce però, al di là di facili interpretazioni di tipo scandalistico, è il coraggio di una ventenne che riesce ha mostrare, con grande ironia, ma anche con tragicità, il proprio universo emotivo. Acquerelli come Nonna Carolina (1936), Teatrino n. 3 (1938), Opera n. 11 (Renards) 1938, Opera n. 27 1939, Opera n. 47 1940, Scopini (Opera n. 7) (1937), Appassionata (1940) e Possoir (1941), già dimostrano una piena e problematica capacità espressiva.
“Negli anni Cinquanta”, scrive nel catalogo Giorgio Verzotti, curatore della mostra assieme a Guido Curto, “Carol Rama è impegnata sul fronte dell’astrazione vicina alle tendenze concretiste”, a quel periodo risalgono opere come: Paesaggio (1951), Senza titolo (1952), Composizione (1953), Pittura (1954), e La Pelliccia (1954).
Mentre negli anni Sessanta e Settanta con la serie bricolage Rama si riavvicina al mondo reale aperto ad un’operatività legata al quotidiano. Così in Riso nero (1960), irrompono i materiali come protagonisti: tappi, fili di ferro, camere ad aria di bicicletta, occhi di ceramica, pelli (basta guardare L’isola degli occhi, 1966 e Presagi di Birnam, 1971). Ma con gli anni Ottanta e poi nel decennio successivo, il ritorno al figurativo è pressoché totale, come se si chiudesse un cerchio di vita e di lavoro. Ecco che, sulla scena della tela del quadro o su vecchie tavole catastali, i soggetti che compaiano sono angeli, animali, paesaggi e figure appartenenti alla più remota ed arcana mitologia personale.
La serie Mucca pazza, della fine degli anni ‘90, invece, è una rielaborazione delle convulsioni sofferenti delle mucche in agonia, le cui immagini imperversavano tra telegiornali, quotidiani e magazine d’attualità: da lì Carol Rama ha attinto il materiale grezzo, quasi parafrasando, o meglio fondendo, formalmente, la propria vita con le sofferenze animali. Tanto da dire spesso: “Ero io la mucca pazza”.
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Carol Rama
a cura di Guido Curto, Giorgio Verzotti
Mart-Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto
corso Bettini 43, Rovereto
Infoline 800-397760
Tutti i giorni 10-18 Ven 10-21 Lun chiuso
Ingresso 8 euro, ridotto 5 euro
www.mart.trento.it
info@mart.trento.it
Catalogo Skira 35 €
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