Boris Mikhailov (Kharkov n1938; vive a Berlino) è indubbiamente uno tra i fotografi più interessanti nel panorama attuale. Presente in numerosi eventi d’arte in occidente, approda ora a Merano con trentatre immagini selezionate dal ciclo Yesterday’s Sandwich.
Spesso si trova a lavorare per serie: conosciuta e recente è Case history, presentata nel 2001 alla Saatchi Gallery di Londra e dedicata al popolo degli homeless. Realizza sequenze perché quando affronta un aspetto o una componente della società compie sempre un lavoro che sviscera le contraddizioni più laceranti che l’attraversano. Per fare questo, nel suo lavoro di fotografo concorrono almeno tre componenti essenziali, che gli consentono di arrivare al risultato tanto apprezzato dalla critica e dallo spettatore: sono l’ironia, la tecnica, e la sua grande sensibilità verso l’elemento umano.
Da sempre, fin dai tempi della sua formazione (è un fotografo autodidatta), la sua posizione all’interno del regime sovietico è stata precisa e netta. La sua del resto è una scelta di campo leggibile in ogni scatto, e lo trova inserito in quella felice stagione che ha prodotto, tra gli anni Sessanta e Settanta, un nucleo di artisti tra cui si annoverano nomi del calibro di Ilya Kabakov, Andrei Monastyrsky ed Eric Bulatov, solo per citarne alcuni. Ovvero quelli che hanno tenuto alta un’importante voce critica contro il regime. E forse proprio lui più di altri, per le sue posizioni dissidenti, è stato per molto tempo un esempio di lotta che molte generazioni di giovani artisti hanno preso a modello. Emarginato per questo motivo dalla cultura ufficiale, ha trovato un forte appoggio e molta attenzione soprattutto in Europa, dove negli anni Ottanta vennero organizzate le sue prime mostre e ottenne un successo immediato.
La serie proposta a Merano assume una valenza particolare proprio perché è quella che riassume idealmente il passato storico dell’Unione Sovietica, e allo stesso tempo il passato personale e la struttura tecnica della sua fotografia. Già presentata in altre occasioni, ma mai in modo così ampio, questa serie mostra le sue caratteristiche superimposition: nate per caso, come ha più volte confessato, ma che poi ha affinato ed elaborato. Le sue sovrapposizioni, con due negativi posti uno sull’altro a produrre una nuova immagine, sono sconcertanti perché arrivano a produrre nello stesso tempo una lettura storica ed una contemporanea. Se la prima immagine, che fa da sfondo, racconta una realtà del passato, la seconda, sovrapposta, spesso è infatti tratta dalla realtà attuale, e ne nasce una terza immagine, inedita, arricchita di conoscenza visiva e storica. Un’immagine densa di senso che trasmette allo spettatore una chiave per poter interpretare la realtà post-sovietica: passato e presente sono mescolati per vedere le metamorfosi delle società e dei modelli in atto. Mikhailov attua in questo modo il recupero di una memoria visiva, attualizzata attraverso un procedimento tecnico che arricchisce anche la lettura dei contenuti.
Nuovi comportamenti sociali sono contenuti in immagini dove spesso il degrado urbano fa da sfondo al soggetto umano colto nella sua vulnerabile nudità. Sono tradotti in scorci urbani dove da una fontana sale l’immagine pubblicitaria di una donna, oppure dove due uomini a mezzo busto, minacciosi ed inquietanti (due politici?), sovrastano una desolante strada di un’anonima periferia. Yesterday Sandwich non è così soltanto un lavoro seriale di grande impatto visivo, ma è un nuovo modo di documentare la realtà, facendo uscire dall’archivio qualcosa che altrimenti sarebbe rimasto lettera morta.
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