Steiner (Milano, 1913 – Raffadali, 1974) inizia l’attività di grafico nel 1933, autodidatta, quando ancora questa professione non esisteva. Dal 1939 apre con la moglie Lica, con cui lavorerà tutta la vita, lo studio LAS (Lica Albe Steiner).
La mostra è divisa in piu’ sezioni, che testimoniano l’immenso lavoro che Steiner ha svolto durante la sua vita, raccogliendo una parte dei progetti che ha svolto per l’industria, l’editoria e la stampa.
Nella grande sala centrale, all’ingresso della mostra, si puo’ ammirare una selezione di lavori, tra i quali i celebri manifesti per la “Pace”, i primi numeri del Politecnico – la rivista diretta da Elio Vittorini – alcune tra le sue piu’ note ricerche fotografiche e gli straordinari autoscatti.
Nel corridoio e nelle sale più piccole sono esposti disegni, schizzi e bozzetti preparatori, quegli elaborati di ricerca, sia grafica sia progettuale, che permettono di capire alcuni dei processi mentali che stavano dietro a grandi progetti, come il marchio COOP, ideato nel 1962 o il logo per la quattordicesima Triennale di Milano (1968).
L’elaborazione progettuale è poi realizzata con diversi modellini di semplice, ma straordinaria composizione, indispensabile mezzo per rendere tridimensionali alcune fra le più interessanti idee di Albe Steiner, come, ad esempio, tutto il merchandising legato all’industria Farmaceutica Pierrell, di cui ha inventato logo e immagine coordinata.
Non si puo’ disgiungere Albe Steiner da una sua importante, sempre presente coscienza politica, di combattente per la “libertà che è cultura”, forse quella libertà che il Museion di Bolzano si è giustamente presa di inserire, all’interno della sua sempre interessante programmazione, l’attività di una persona come Steiner, che si è sempre occupata e preoccupata del valore della comunicazione visiva: dove si è trovato lo spazio di inserire, tra la passata mostra personale di Matt Mullican e la futura esposizione “Guida” a cura di Giacinto di Pietrantonio, l’attività di un personaggio che non crea opere uniche e che non si è mai voluto considerare un Fotografo o un’Artista, in mezzo ad una moltitudine di personaggi che si appropriano di questo ruolo anche senza ragion d’essere.
E’ stata compresa l’importanza del rapporto tra istituzione museale e apparati didattici, dove il museo o la galleria sono contenitori d’approcci e sperimentazioni visive di qualsiasi settore, luogo di reale informazione di percorsi intellettivi.
Non si può che auspicare una sempre maggiore attenzione verso iniziative simili, non per scimmiottare mostre d’oltreoceano, ma per renderci conto della vastità della nostra cultura italiana, spesso sconosciuta anche a chi si è assunto l’impegno di educare ed operare in quest’ambito.
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Geraldine Swartz
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