Più di settanta opere per
tratteggiare, in una mostra monografica, la biografia artistica di
Eugenio
Prati (Caldonazzo, Trento, 1842-1907).
Palazzo delle Albere procede così
nella sua
mission di luogo dell’arte ottocentesca attento alle espressioni locali, attraverso una
delle personalità trentine più rappresentative del tempo, assieme a
Giovanni
Segantini e
Bartolomeo Bezzi. Celebrazione, ma prima ancora
riconoscimento e tentativo di recupero critico di esiti della pittura italiana
spesso liquidati con troppa leggerezza dalla storia dell’arte “ufficiale”.
L’esposizione si muove
efficacemente su un doppio binario locale e (inter)nazionale. Dalla biografia
di Prati si vede un artista che, nato in un contesto decentrato, viaggia, studia
a Venezia e Firenze, soggiorna a Roma, torna nei luoghi natali, invia i propri
lavori a Chicago, San Pietroburgo e Nizza. Dalla pratica pittorica si nota uno
stile che, senza seguire alcuna corrente pedissequamente, si lascia
suggestionare da tutto ciò con cui entra in contatto (accademia, pittura di
genere, Scapigliatura, Verismo, Divisionismo, Simbolismo) per poi rielaborarlo
in maniera propria. Lo stesso si trova nei soggetti, dove ad ambientazioni
spiccatamente trentine si alternano vedute veneziane o scenari onirici dal
sapore simbolista.
Prati raggiunge una tecnica
singolare, “
che da nessuno apprese e che da nessuno fu imitata”, come già i commentatori dei
primi del Novecento notavano. Una personalità originale, che non ha dato vita
ad alcun seguito stilistico e che è volutamente rimasta estranea a movimenti e
teorizzazioni.
Il percorso espositivo lascia che
l’andamento cronologico venga intervallato da inserti legati a particolari temi
o soggetti. Sotto questa impostazione curatoriale emerge chiaramente
l’evoluzione artistica di Prati che, dalla scena di genere con un gusto per
l’aneddoto, giunge al periodo simbolista post-anni ‘90 dove, sulla scia di
Previati e soprattutto di Segantini, dà
vita a una natura spirituale pervasa di laica religiosità. Parallelamente la
pennellata, da lineare e definita, si fa sempre più sfatta, vaporosa ed
evocativa, simile all’indefinito di
Tranquillo Cremona. Aperta a raffinati effetti
luministici, ma senza mai servirsi di tecniche divisioniste.
Alle opere provenienti dalle
nutrite collezioni del Mart si aggiungono prestiti da gallerie e collezioni
private, oltre all’importante
Nozze d’Oro del Belvedere di Vienna. Cinque dipinti e un
carteggio inediti impreziosiscono l’esposizione anche dal punto di vista
scientifico.
Fra le tele emergono, per la
tematica estremamente moderna, soggetti come
Donna che fuma e
Divorzio. Ma è forse nei dipinti più
esplicitamente simbolisti come
Solitudine,
Pura e
Consumatum Est che si apprezza pienamente l’estetica di Prati. È in
queste opere che si situa il punto di arrivo ideale del percorso. Composizioni
crepuscolari, dove i rapporti tra le figure si semplificano, ottenendo maggior
forza, e le pennellate vaghe trovano una giustificazione tematica
nell’evanescenza del soggetto.