E’ uno dei più importanti fotografi di questa fine-inizio Millennio. Dedica il proprio lavoro al paesaggio urbanizzato e alla metropoli nelle loro infinite trasformazioni. E questa volta il suo obiettivo è venuto a posarsi sul Trentino, nello specifico sui cambiamenti nella morfologia di questo territorio.
Abbinando ineccepibile tecnica e sottile visione, Gabriele Basilico, nato a Milano nel ’44, ci presenta uno screening che porta a risultati spesso impietosi nei confronti dei modellatori del paesaggio per eccellenza, le amministrazioni locali, ree di autorizzare, spesso perfino promuovere, il dis-gusto del territorio. Il paesaggio del fotografo, i suoi scorci, hanno poco della poesia e dell’incanto di un Atget, di un Bresson, di un Brassaї; hanno “l’obiettività nell’obiettivo”, il gusto dell’osservazione indistinta, senza innamoramenti, in parte perfino critica nella sua totale franchezza.
Il suo occhio si muove, cogliendo ora le naturalia del verdeggiante paesaggio (come ad esempio in Lago di Sorga, o Drena, veduta verso Dro, oppure ancora Passo Rolle), ora le mirabilia architettoniche di quell’opera unica che sono i centri storici dei piccoli borghi (in particolare in Villa Lagarina, oppure Ala), ora –ed è prova di grande onestà intellettuale se pensiamo che il lavoro è stato promosso dalla pubblica amministrazione-, le forme orribili di certa edilizia moderna, fatta di cattivo gusto, interessi clientelari, cattiva considerazione dell’umano. Scontato il riferimento a certa edilizia abitativa, blocchi di casermoni geometricamente ineccepibili che cozzano invece con una visione ancora umanizzata dell’esistente, ripresi magistralmente da Basilico –si osservino in particolare Trento, loc. Centochiavi o Trento, loc. Ghiaie– nel loro trionfo post(anti?)-human.
L’analisi di Basilico del paesaggio trentino tocca però i punti più critici negli scatti dedicati a luoghi del consumo turistico, trasformati dalle amministrazioni locali in meta-luoghi disneyani, fiction che evoca situazioni inesistenti, grand-hotel per golfisti della
Basilico ci offre così un’analisi completa del paesaggio trentino, della quale in mostra v’è solo una piccola testimonianza rispetto all’intero lavoro svolto, sufficiente comunque per apprezzare i rari punti di simbiosi tra il lavoro dell’uomo e il corso della natura e meditare invece sui forti squilibri a danno del paesaggio.
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mostra visitata il 3 ottobre 2003
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