C’è del divino in ogni uomo. Di ciò è convinto
Jan Knap (Chrudim, 1949; vive a Zelec), questo cerca e rappresenta. Nella personale a Trento è esposta una selezione di opere recenti, una ventina di lavori che documentano questo cammino nell’universo antropologico.
La sua è una religiosità intima, mai aulica. Le Madonne sono innanzitutto donne, collocate in ambientazioni contemporanee, ragazze qualunque. Protagoniste non del sacro sublime ma di quello privato, colto in attimi di vita assolata e campestre. Madonne laiche e intimamente domestiche, per questo percepite come vere. Nelle tavole a olio, acquarello e pastello a olio su carta che Raffaelli spone, un ruolo importante viene svolto dai bambini, più spesso dei cherubini scherzosi. Piegati o scatenati su un Gesù bambino che sta a indicare l’innocenza del mondo dell’infanzia. Le aureole sembrano voler depistare la percezione, che tuttavia resta magicamente concreta: con Knap siamo posti di fronte a un’eterna e perfetta quotidianità da contemplare. La sua arte sembra dire in questo modo la certezza della sacralità della vita.
Per essere concreta, questa stessa arte è fortemente legata al vissuto personale. Nella sua esperienza di uomo e di artista risultano infatti fondamentali gli studi teologici e filosofici compiuti a Roma. Se la sua ricerca è costantemente sospesa verso l’immanente, l’esitenza di Knap è contrassegnata da continui spostamenti, anche geografici: prima a Düsseldorf, a New York dov’è stato illustratore satirico, e a Roma per rivelare a se stesso la vena mistica e contemplativa, quindi a Colonia e a Modena, per tornare di nuovo in Repubblica Ceca.
A Chrudim era nato scultore, con la predilezione per il rigore formale e la volumetria nello spazio, ma è la dimensione dello Knap pittore che è riuscita a farsi notare. Dopo aver attraversato senza contaminarsi l’arte concettuale tra gli anni ‘60 e ‘70 (nel 1979 fonda il gruppo Normal con
Milan Kunc e
Peter Angermann), è a Roma che l’artista ha compreso quanto l’iconografia fosse la sua strada. Ha sviluppato allora una pittura che rimane semplice, ma al tempo stesso offre un’opportunità: ricordare ciò che davvero conta nella vita.
È un’arte che arriva a commuovere, a muovere l’animo, perché sembra mettere in guardia da quanto l’uomo sta perdendo, in un mondo basato sulla produttività, su un tempo esclusivamente scandito da ciò che corre e si rincorre, uccidendo lo spazio per l’amore, gli affetti e i piccoli “
miracoli quotidiani”.