Uomini di cultura, artisti, collezionisti e letterati provenienti da tutta Europa fecero di Parigi una città cosmopolita in cui convissero e si scontrarono per anni l’arte di matrice tradizionale, ispirata ad un classicismo ancora molto praticato e l’arte de “lo sguardo puro” (come la definiva Zola iniziato da Cézanne), figlia della rivoluzione impressionista. Recentemente la mostra di Treviso dedicata alle origini dell’Impressionismo ha ottimamente mostrato la comune radice neoclassica e romantica delle due correnti che, insieme alla maturazione di una nuova cultura figurativa, produsse un rinnovamento che coinvolse tutti i campi del sapere, a cominciare da quello letterario.
Il soggiorno parigino, nelle parole della sempre brava Rossana Bossaglia, divenne così per gli artisti, a partire dall’esposizione universale del 1855, prima un’occasione, poi un simbolo, un vezzo, infine un rito.
Molti artisti italiani presero la via di Parigi, alcuni di essi divennero protagonisti di spicco di quel clima. Tra questi, Boldini, De Nittis e Zandomeneghi condivisero amici illustri, lavorarono e vissero con alterne fortune.
Ai tre il Mart di Trento dedica un’interessante retrospettiva che è anche l’occasione per analizzare ed aggiornare vicende e fatti legati a quel periodo eccezionale, alla luce dell’esperienza dei primi fra les Italiens de Paris.
A Trento sono esposti un centinaio di opere provenienti da collezioni museali nazionali, internazionali e private dei tre italiani che furono amici di Degas da cui appresero, pare, la tecnica del pastello. “Giubbetto rosso” è la prima opera a noi nota realizzata con questa tecnica nel 1884 dal veneziano Federico Zandomeneghi (1841-1917) che del pastello farà ampio uso. A Parigi fu ospite di Fattori ed i primi anni furono per lui piuttosto difficili. Nella composizione imparò dagli impressionisti, ma nel cromatismo rimase per sempre italiano: i colori sono stesi a striature come con un effetto a pettine; filature che esprimono istanze divisioniste ante litteram e che si inseriscono nella ricerca di revisione delle tecniche impressioniste.
Nato a Barletta nel 1846, Giuseppe De Nittis venne accolto dal gruppo dei Macchiaioli fiorentini nel 1866 ma ben presto decise di trasferirsi a Parigi dove sposò una francese e divenne amico di Degas e soprattutto di Manet. Le tele di De Nittis esposte a Trento ci restituiscono tutta la qualità di un artista che seppe ritrarre personaggi e luoghi dell’alta borghesia parigina, ma anche paesaggi di campagna e urbani, figure delle caste più umili. “Westminster” del 1878 è quasi un manifesto simbolico della distanza che divideva la gente comune dallo sfarzo aristocratico rappresentato dal palazzo reale semicelato nella nebbia del Tamigi, oltre il parapetto del ponte. Abilissimo nel cogliere le variazioni cromatiche imposte dall’esposizione dei soggetti alla luce naturale, tale capacità la si può ben cogliere nella tela raffigurante la moglie in “Léontine in canotto” (1874) o in un classico soggetto impressionista come la “Colazione in giardino” (1873).
Ma l’opera di De Nittis più entusiasmante è certamente quella di appartenenza al museo triestino della Rivoltella dal titolo “Ritorno dalle corse”, del 1878, dove una disinvolta ed elegantissima signora borghese passeggia con il suo grosso mastino. De Nittis, che nel 1874 aveva partecipato alla prima mostra degli impressionisti da Nadar, morirà a Parigi nel 1884.
Il ferrarese Giovanni Boldini (1842-1931) fu artista che godette di grande fama già in vita, ambito e ricercato dalla ricca borghesia parigina che alla sua pittura tanto gestuale quanto raffinata chiedeva di raffigurare il suo mondo fatto di salotti e giardini, di lusso e ozio, di gioielli e mondanità. Nelle tele di Boldini si specchiano i volti alteri e distaccati delle nuova classe dirigente. Un artista dal fascino intatto, dotato di un genio fuori del comune, che gli permise di anticipare le ricerche futuriste sul dinamismo e perfino di intuire e presagire certe istanze astrattiste. Esemplare, alla mostra di Trento, è il ritratto del 1894 intitolato “Fuochi d’artificio”, con le vesti bianche della graziosa signora dipinte come uno spettacolo pirotecnico, ma segnaliamo anche l’estrema sintesi de “Il ritorno dei dragoni” (1898) in cui pochi tocchi riescono a rendere con completezza divise e insegne militari e il trotto dei cavalli.
Tutti e tre morirono a Parigi, la città che li aveva accolti e che tributò loro i maggiori onori, più di quanti ne ottennero nella loro nazione d’origine.
Con questa mostra il Mart continua la sua indagine sull’’800 italiano, iniziata nel 1987 con l’antologica dedicata a Segantini e continuata nel ’90 con la mostra sul Divisionismo, nel ’93 con quella dedicata al Romanticismo, fino alla recente monografica dedicata a Carlo Fornara (1998).
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Per mezzo dell'elogio che desidero tributare all'autore di questo splendido articolo, che è un vero e proprio piccolo saggio, vorrei anche partecipare al fascino che suscita la Parigi del periodo che è stato richiamato, e dell'arte che il suo cosmopolitismo ha saputo produrre.
Credo che andrò a Trento a visitare la mostra.
Stringo virtualmente la mano ad Alfredo Sigolo per avermela presentata con tanta competenza e passione.
Ciao, Biz.
Caro Alf,
ti ringrazio per quello che sembra essere un tuo apprezzamento per la mia franchezza, ma non posso e non voglio accettare che di me si possa dire "tutto".
Mi accontenterei del "quasi" tutto.
Approfitto di questo spazio, ora, per delimere.
Vorrei consigliare, se me lo permetti, agli amici lettori di exibart, un tuo intervento di qualche tempo fa qui su exibart stesso, esattamente del 24.10.2000 in occasione di un tuo commento all'articolo di Daniela Bruni del 23 ottobre 2000 su Lucio Fontana, Roma - Studio Casoli (lo si può trovare utilizzando il link che ho incollato qui sopra).
In quell'occasione ti sei prodotto in un lunghissimo commento vertente sul mondo delle gallerie d'arte, sulle scelte che operano e che le distingue le une dalle altre, la promozione di nuovi artisti, il poco coraggio dimostrato nel proporre senza osare gli artisti già conosciuti e già accreditati, i suggerimenti a testi di arte contemporanea. Insomma, uno spaccato della realtà dell'arte contemporanea in Italia e nel mondo.
Ebbene, quel tuo intervento, a mio parere, è un piccolo gioiello che pregherei i nostri amici di exibart di non perdere.
Una vera lezione sul mondo dell'arte.
Forse personalmente non ci siamo simpatici e la cosa per me è assolutamente irrilevante (ma è solo un'ipotesi) ma non posso e non riesco a non amare chi scrive le cose che scrivi tu e come le scrivi tu.
Ti ringrazio davvero.
Sull'arte contemporanea ho molto da imparare, e sono davvero felicissimo di poterlo fare da te.
Sono certo comprenderai che le mie non sono lusinghe, d'altra parte mi sono spesso profuso in ben altre considerazioni qui su exibart.
Al momento sono entusiasta di leggerti, spero mi concederai anche di dissentire, quando se ne presenterà l'eventuale occasione.
Per il momento ti indirizzo i miei più vivi complimenti.
Ciao, Biz.
Grazie. Tutto si potrà dire di te, certo non che tu sia un tipo abituato ad usare mezzi termini per esprimere le proprie opinioni. Seguo con interesse i duelli di Biz.
VAFFANCULIZZATI