Lyonel Feininger nasce a New York nel 1871, ma tutta la sua formazione si sviluppa in Germania. Dopo essere stato a Berlino e Amburgo, si stabilisce infatti a Weimar, divenendo figura centrale del Bauhaus: sua è la vignetta xilografica che compare nel primo manifesto del movimento. A New York ci ritorna definitivamente nel ‘37, costretto dal clima repressivo che il regime nazista instaura in Germania proprio in quegli anni. Dopo solo sette anni dal suo ritorno in America il MoMA capisce l’importanza di questo artista e gli dedica la sua prima retrospettiva. In questa mostra che il Mart ora gli dedica è possibile ripercorrere in modo esaustivo e dettagliato tutte le fasi che lo hanno caratterizzato come artista.
Le circa centosettanta opere esposte -olii, disegni, acquerelli, xilografie, le sue famose caricature, e una serie di pubblicazioni originali- dimostrano all’unanimità due cose: la sua grande capacità di ricerca e di sperimentazione, che riesce a mettere in tutte le opere risultando sempre un precorritore dei tempi e la sua versatilità nelle tecniche della pittura.
E se ora possiamo fare una ricognizione estetica del secolo passato attraverso le sue opere, con la caricatura in ben cinquanta tavole di rara bellezza, ma anche e soprattutto con opere cubiste, espressioniste, suprematiste e futuriste, lo dobbiamo –oltre alla presenza di alcuni lavori nella collezione permanente del Mart – alla sensibilità del collezionismo trentino privato. Ciò però –e va detto perché altrimenti non si capisce come mai proprio in Trentino ciò sia avvenuto in modo così massiccio- lo si deve al gran lavoro di don Lorenzo Feininger, figlio dell’artista, che, rimasto in Europa, si stabilì proprio a Trento. Fu lui il principale artefice della fortuna critica del padre in Trentino e in Italia. La ricostruzione delle collezioni e l’esposizione di molti inediti si deve invece a Danilo Curti-Feininger e alla sua maniacale cura, che ora viene restituita al pubblico come un esempio d’arte e di collezionismo raffinato.
È notoria l’intima relazione che c’è per Feininger, sia come uomo che come artista, tra la pittura e la musica: non si può comprendere la sua arte se non si pensa, ad esempio, a Bach. Alle sue musiche si ispirano i lavori pittorici e da lui riprende la struttura musicale delle famose fughe. Feininger stesso amava ripetere, quando parlava della sua pittura, che i suoi quadri si avvicinavano moltissimo alle fughe musicali bachiane. Fughe e controfughe lanciano e rilanciano in alto le dimensioni spaziali fino alla “smaterializzazione” delle cime, sia delle cattedrali della Turingia, sia dei grattacieli newyorchesi. Questo avviene in Manhattan chasm I (1950), un acquarello che evoca le composizioni dei cristalli con le loro sfaccettature, e in Tramonto sul mare (1951), dove le fughe degli ultimi raggi di sole producono una visione che si irradia nel cielo sopra il mare. È comunque in Baia di Lubecca (1931-1936) e in Nuvole di sera (acquerello e inchiostro) che è presente il punto nodale del suo fare artistico e di quella ricerca attorno allo spazio, alla luce e al colore, contenuta armonicamente in tutte le sue opere.
Un senso di controllo formale dello spazio e delle sue tensioni che scaturisce dal confronto stretto tra uomo e natura, mai dimenticato nel cammino attraverso le contraddizioni della modernità.
claudio cucco
mostra visitata il 18 maggio 2007
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