Sono due lavori di grandi dimensioni di Donald Beachler ad attirare immediatamente l’attenzione dello spettatore. Sono il primo impatto con il progetto espositivo The Enemies of the Rose and other Works, pensato appositamente per Merano. Baechler li ha realizzati dopo essersi imbattuto in un vecchio libro nel quale sono descritti proprio i nemici della rosa del titolo, in pratica tutti gli insetti – e sono molti – che con la loro vita insidiano e fanno morire la pianta.
La rosa, nell’immaginario collettivo di tutti i tempi e di tutti i luoghi del mondo, ha una forte valenza estetica e ha per eccellenza un significato simbolico e metaforico di bellezza, grazia, amore. Infinite sono allora le poesie, le opere, le musiche ispirate o dedicate a questo splendido fiore: tra tutti, viene in mente subito il poeta tedesco Rilke che ad essa, nell’ultimo periodo della sua vita, ha dedicato un’intera serie di bellissime e struggenti poesie. Non è invece un tributo alla bellezza della rosa, né un suo uso allegorico per arrivare a messaggi amorosi il fine voluto da Beachler con la nuova serie di opere. Gioca diversamente con un’assonanza precisa, molto legata alla nostra attualità, alla nostra personalità, anch’essa, come la rosa, continuamente minacciata: fa riferimento all’imperturbabilità, apparente, del bell’aspetto, dell’uomo d’oggi e della rosa di sempre, che nasconde invece una lotta incessante per sopravvivere.
I quadri sono sempre disegni su carta con sovrapposizioni di più strati ed ognuno emerge quasi fosse un sedimento che ha perso la sua completezza e la sua funzione lasciando affiorare figure e segni casuali. A venire a galla è sempre il vecchio manuale di botanica, che con i nomi dei parassiti scandisce anche i titoli delle opere: ad esempio in The Enemies of the Rose #6: Red spider, ma anche in The Enemies of the Rose #9: Rose Rust. Martin Prinzhorn, nel suo articolato intervento inserito all’interno del libro-catalogo che accompagna la mostra, definisce questa corrispondenza tra le pagine del libro e i lavori come una connotazione collagistica, che rilegge quindi in versione contemporanea la tecnica del collage.
In tutti i lavori, dove la rosa disegnata e dipinta campeggia al centro del quadro, c’è sempre a lato una piccola rosa rossa riprodotta fotograficamente, una sorta di doppio, molto riconoscibile, che fa da contraltare al fiore centrale più grande. Sullo sfondo poi s’intravedono altri fiori illustrati sugli strati di carta sottostanti: sono di ogni tipo, tulipani o margherite, quasi a sottolineare la regalità della rosa rispetto alle altre varietà floreali.
In mostra sono riproposte anche altre opere: in tutto sono quasi trecento. Sono le icone tipiche della sua galleria di segni e che fanno parte della sua poetica. Disegni su carta colorati con riproduzioni di piccoli visi tondi, molto stilizzati, apparentemente uguali, in realtà tutti diversi, oppure la serie degli alberi neri su sfondo colorato, con una connotazione pittorica molto forte, o ancora quella dedicata ai vasi di fiori neri. E’ la galleria iconografica di Donald Baechler, instancabile cercatore di segni.
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