Nei primi mesi del 2001, al PAC di Milano, ci fu un grande omaggio a Gillo Dorfles pittore. Nel titolo di quella mostra si accennava ad un’attività pittorica “clandestina” rispetto a quella, ben più nota e apprezzata, di critico e intellettuale. In quell’occasione si era arrivati a presentare la sua produzione pittorica fino al 2000. Ora, presso la Galleria Transarte di Rovereto, si possono vedere i suoi quadri più recenti, in una mostra che verrà poi trasferita a Palermo.
Dorfles è prima di tutto autore di saggi importanti; vanno ricordati sicuramente Il divenire delle arti, Nuovi riti e nuovi miti, Artificio e natura e L’intervallo perduto. Ma scorrendo la sua lunghissima bibliografia, spiccano tanti altri testi che sono stati fondamentali per la sua lettura dei nuovi linguaggi dell’arte. La sua capacità di comprendere i fenomeni culturali della società contemporanea, e la sua pronta analisi critica sono un punto di riferimento costante per una riflessione sui linguaggi visivi.
La sua attività pittorica invece è simile ai fenomeni carsici, che periodicamente lasciano fluire l’acqua per poi nuovamente farla sparire. All’interno del gruppo MAC (Movimento Arte Concreta) Dorfles ha avuto un ruolo forte e propositivo nell’arte italiana del secondo dopoguerra: è stato lui a fondarlo assieme ad Atanasio Soldati, Gianni Monnet e Bruno Munari. Dorfles e gli altri avevano concezioni teoriche diverse, sia dagli artisti che si rifacevano alla figurazione, sia da quelli che si richiamavano all’astrazione: volevano porsi fuori dalla polemica allora in corso. Questa importante esperienza del MAC, che è durata circa un decennio, ha visto Dorfles molto impegnato nella sua attività di pittore; attività che poi si è affievolita per quasi un trentennio per riprendere negli anni Ottanta.
Delle ventitre opere presentate in galleria solo tre sono degli anni Ottanta e riprendono direttamente la poetica teorizzata negli anni Cinquanta, una poetica che vedeva come obiettivo l’abbandono delle formule pittoriche
Ad un primo sguardo viene alla mente un pittore come André Masson, ma meno tragico nell’indagare le forme che giacciono nell’immaginario. Dorfles, infatti, rappresenta forme riconoscibili: occhi, mammelle, organi di animali preistorici, che vengono riportati in vita da epoche remote. Come nei personaggi di Incubo giallo (2000) o di Crisalide antagonista (2004). Ciclope con zampa e uncino (2004) e Lumacone sono altri esempi di non figuratività che alludono a composizioni care ai surrealisti di Cadavre exquis (1925).
Tutto oscilla tra forma e metamorfosi che sono contenute nel fluire della vita all’interno della natura, senza un’apparente temporalità che ne delimiti l’evoluzione. Sono astrazioni che partono dall’invisibile e rendono la propria testimonianza pittorica verso nuove trasformazioni.
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