Buona parte della mostra, che getta uno sguardo su artisti, modelli figurativi e committenti del Trentino del XIX secolo, si presenta -grazie alla collaborazione di alcuni antiquari della zona- superbamente arredata in stile. Ed è anche grazie al buon allestimento, allusivo ma mai troppo esibito, che perfino un genere solitamente poco pagante come il ritratto cattura l’attenzione, al di là degli illustri nomi dei suoi esecutori capaci di ricordare quanto la buona arte non necessiti sempre di bei soggetti. Si tratta di Antonio Canova, forse su tutti, ma anche di Giovanni Battista Lampi, Giuseppe Sogni e -passando dal Neoclassicismo al Romanticismo- di Francesco Hayez. Del noto artista che trasfuse in pittura gli ideali risorgimentali sono esposte un buon numero di opere, tra le quali ricordiamo per lo meno le due versioni della Meditazione, opera che associa seduzione femminile a severi rimandi risorgimentali, e la Venere che scherza con due colombe del 1830, in cui il bel nudo poggia su una quinta pregna di teatralità ancora neoclassica.
Superato un imbarazzato Dosso Dossi (si proprio Dosso Dossi!) in anticipo di tre secoli sulla cronologia netta della mostra (1815-1915), il filone “sensuale” si rinnova nelle intense opere di Giuseppe Molteni, Friedrich von Amerling e perfino nell’infantile e commossa dolcezza de La preghiera del mattino (1846) di Vincenzo Vela.
Se l’Ottocento scultoreo è soprattutto scultura cimiteriale, quello pittorico, almeno in Italia, è celebrazione degli ideali nazionali, con repentini passaggi dalla cronaca alla storia e al mito. Non deve perciò sorprendere il trovar poco distante reminescenze mitologiche, come nell’aggraziata Amore e Psiche dell’atelier del Canova e rivisitazioni di fatti e personaggi legati alla storia d’Italia, magari inframmezzati dalla figura del barbuto eroe tirolese Andreas Hofer.
Se una serie di opere, alcune delle quali di Eugenio Prati, incuriosisce per la scelta dei soggetti umili e popolani dal facile sentimentalismo, assai interessante è la ricostruzione di parte dell’atelier dello scultore trentino Andrea Malfatti . La pittura di paesaggio in regione è ben testimoniata da Bartolomeo Bezzi e soprattutto da un’opera di Prati bella come un Segantini; di quest’ultimo e insuperabile artista trentino si è scelto di esporre una piccola quanto inedita antologia dedicata alle sue nature morte. Tra queste, anche se non è forse la migliore, va ricordata quella con cacciagione, frutto di una sottoscrizione tra i lettori di un quotidiano locale. Il percorso si conclude con un bel nucleo di Umberto Moggioli, artista dal personalissimo post-impressionismo, e con un’accurata scelta di lavori d’ambito secessionista. Bastano i nomi: Franz von Stuck, Leo Putz, Luigi Ratini, Luigi Bonazza e l’alter ego di Medardo Rosso nella scultura italiana di fine Ottocento, Leonardo Bistolfi.
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