Sorvegliare e punire. La tecnologia, anche quella rudimentale, s’infiltra
fin nell’intimo: non lascia scampo, né tanto meno zone d’ombra. L’illusione è
quella di costruire una società in cui tutti gli “elementi” appartengono a
specifiche categorie, per prestarsi docilmente all’utilizzo sociale. E Michel
Foucault spiega bene come tale esigenza, pur facendosi più discreta con l’evolversi
dei tempi, non dimentichi mai il corpo.
La prima personale europea di
William E. Jones (Canton, Ohio, 1962; vive a Los Angeles) a Bolzano
riconduce il tempo all’indietro, innescando riflessioni e dubbi sui meccanismi
del potere e del controllo sociale.
In
Tearoom,
presentato alla Biennale del Whitney nel 2008, l’occhio dello spettatore si
sostituisce a quello del “sorvegliante-osservatore”. L’opera è un footage, vero
e proprio
objet trouvé, come
scrive il curatore Luigi Fassi, sulla vita nascosta degli omosessuali in una
cittadina dell’Ohio, Mansfield.
Il filmato fu girato nel ‘62 da due poliziotti che sorreggevano
la telecamera dietro un vetro a specchio. Sguardi chiamati a vedere senza esser
visti. Come quelli che appartengono a noi, spettatori od osservatori?
Ricompaiono le stesse scene fedeli che scorrevano in tempo reale di fronte agli
occhi dei due uomini: lo scambio di rapporti omosessuali nei bagni pubblici
della piazza cittadina. Il luogo scandaloso in cui si mescola tutto, senza
ritegno e pudore; in cui cadono le barriere, comprese quelle sociali e
razziali.
La differenza è nello scarto temporale, protezione e
varco per nuove interpretazioni. Una sorta di macchina del tempo fa rivivere il
passato recente del Novecento, in un viaggio attraverso il rimosso, che torna
alla luce per trovare nuovi significati. Il filmato, ormai decaduto dalla sua
funzione e dal suo scopo – che fu quello d’incriminare quarantotto persone per
sodomia -, rivive infatti come violenta scossa all’attuale immaginario gay.
Dove sono i corpi atletici a cui si è oggi abituati? Il cortocircuito tra
passato e presente è soprattutto visivo. Rispetto ai corpi sensuali, erotici e
perfetti sino alla finzione fotografati da
Kobi Israel, quelli di William E. Jones in
Tearoom ne sono l’antitesi.
In
Killed l’artista s’impossessa di fotografie
annullate.
Killed,
uccise, uscite fuori della storia. Nate per documentare l’emergenza della
povertà al tempo della Grande Depressione, per motivi imperscrutabili furono
scartate. William E. Jones ne ricostruisce una sequenza in cui compare il
prepotente buco nero con cui furono marchiate. Tolte dall’oblio, rivivono
quindi nelle domande che ciascuno si pone.
In
Saylors, Pan, Orpheus (2009) l’artista si appropria invece di fotografie fatte a uso privato da
Frances
Benjamin Johnston e
Fred
Holland Day all’inizio
del Novecento. A esser svelata è nuovamente un’intimità che cerca il suo posto
nel contemporaneo.Non ci si sente forse un po’ colpevoli e
complici di un potere indiscreto che non lascia zone d’ombra? “
Ogni sguardo sarà una tessera nel
funzionamento globale del potere”, scrive Foucault.