Pittore, architetto,
teorico della prospettiva: poliedrica fu la figura di
Andrea Pozzo (Trento, 1642 – Vienna, 1709), vissuto a cavallo tra
il XVII e il XVIII secolo, sensibile alle influenze del linguaggio
caravaggesco, capace di acquisire una fama a livello nazionale e
internazionale, alla committenza di Leopoldo I.
Per celebrarne il terzo
centenario della morte lo ricorda la sua città natale, dedicandogli una mostra
che ne ripercorre le principali tappe della carriera, attraverso tutto l’arco
dell’Italia settentrionale: dalla sua terra d’origine (per la quale predispose
il progetto per uno dei capisaldi del barocco locale, la chiesa di San
Francesco Saverio) al Piemonte (celebre la sua attività presso la chiesa della
Missione di Mondovì), dalla Lombardia alla Liguria, fino ad arrivare,
naturalmente, alla città simbolo della cristianità occidentale,
Roma (città cui
ha indelebilmente legato il proprio nome realizzando, verso la fine del
Seicento, gli affreschi del soffitto della navata della chiesa di Sant’Ignazio,
ritenuta uno dei massimi esempi del barocco).
Oggetto di particolare attenzione da parte dei curatori
dell’esposizione sono stati i suoi primi vent’anni di carriera, prima della
decisione, tipica di molti artisti secenteschi, di trasferirsi a Roma, nel
1681; anni giovanili durante i quali si sono delineati i tratti che avrebbero
caratterizzato l’attività di Pozzo negli anni della maturità. Nella figura del
Pozzo si condensano tratti pittorici capaci di gettare un ponte tra i due
secoli, sempre sensibile a un’esaltazione dell’immediatezza espressiva dei
soggetti rappresentati.
Tratti rinvenibili tanto nell’
Immacolata,
proveniente dalla chiesa del Gesù
di Genova, quanto in opere esposte in mostra, quali il
Miracolo di San Siro del Duomo di Pavia, la
Crocefissione contenuta nella chiesa di San
Lorenzo a Torino, le
Storie della Vergine di Lemna e il grande ovale con la
Madonna col
Bambino e angeli musicanti, della quale ricerche condotte per i lavori preparatori della mostra
hanno constatato l’originaria collocazione sull’altare della sagrestia di San
Fedele a Milano, collegio presso cui, nel 1665, Andrea entrò a far parte della
Compagnia di Gesù.
A conclusione del percorso, i curatori hanno esposto le
opere depositate presso il Museo Diocesano Tridentino dalla chiesa di San
Francesco Saverio: quattro
Prospettive con scene evangeliche, due delle quali restaurate
per l’occasione, risalenti agli anni del soggiorno viennese dell’artista
(1702-1709). In questi anni, il Pozzo mantenne legami professionali con la sua
terra natia,
in primis curando il progetto per la nuova chiesa dei padri Gesuiti, edificata
tra il 1708 e il 1711.
Furono questi anche gli anni del celebre trattato
Perspectiva
pictorum et architectorum, pubblicato in due volumi nel 1693 e nel 1700, in cui Pozzo sviluppò
le proprie analisi sulla teoria della prospettiva e dell’architettura. Fu
quest’opera che, grazie anche all’ampia divulgazione garantitane dai Gesuiti
nelle terre di missione dell’Europa Centrale, dell’America Latina e della Cina,
favorì la circolazione del suo pensiero in tutto il mondo, tanto che la sua
Perspectiva fu tradotta in varie lingue
europee e perfino in cinese.
Al visitatore viene così prospettata l’immagine di una
Trento “alfa e omega” del percorso di vita dell’artista, città da cui prese le
mosse e a cui si ricongiunse idealmente dopo aver conquistato una vasta
notorietà internazionale.