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28
aprile 2010
fino al 6.VI.2010 Robert Kuśmirowski Trento, Fondazione Galleria Civica
trento bolzano
La Guerra Fredda come un artificio. Così la nuova Civica parte con la sua attività. Aprendo la porta del piccolo vecchio spazio, svela un nocciolo enorme. Come la torre di controllo di una centrale atomica...
Dopo l’esteso progetto inaugurale, che coinvolgeva in un ampio circuito espositivo
altri spazi istituzionali e luoghi urbani e che
guardava a vent’anni di storia dell’istituzione, la nuova Fondazione Galleria
Civica parte con la sua regolare attività presentando l’opera di Robert Kuśmirowski
(Lódź, 1973; vive a Lublino).
Si tratta di un doppio inizio. Da una
parte gli spazi della Civica (i soliti, rinnovati però sensibilmente da un
nuovo ingresso su via Cavour e da un’installazione di Massimo Bartolini) si
presentano per la prima volta sotto la direzione Viliani nella veste di sede espositiva – unica e ufficiale, almeno per il
momento – dell’istituzione. Dall’altra si assiste alla prima personale in
un’istituzione pubblica italiana dell’artista polacco, che ha già un curriculum
di tutto rispetto (Palais de Tokyo, Hamburger Bahnhof, Barbican Art Gallery).
Al pianterreno prende posto la grande
installazione P.A.P.O.P.,
così imponente da modificare addirittura la percezione dello spazio
architettonico e la disposizione delle sale. In una stanza a cui il visitatore
non ha accesso, se non con lo sguardo tramite le due aperture di plexiglas alle
pareti, si presenta inaspettatamente un computer analogico degli anni ’60, mastodontico se comparato ai nostri microchip. Complice l’indizio della nazionalità dell’artista, si
viene riportati alle atmosfere della Guerra Fredda, in bilico fra ricostruzione
filologica, messa in scena e artificio.
altri spazi istituzionali e luoghi urbani e che
guardava a vent’anni di storia dell’istituzione, la nuova Fondazione Galleria
Civica parte con la sua regolare attività presentando l’opera di Robert Kuśmirowski
(Lódź, 1973; vive a Lublino).
Si tratta di un doppio inizio. Da una
parte gli spazi della Civica (i soliti, rinnovati però sensibilmente da un
nuovo ingresso su via Cavour e da un’installazione di Massimo Bartolini) si
presentano per la prima volta sotto la direzione Viliani nella veste di sede espositiva – unica e ufficiale, almeno per il
momento – dell’istituzione. Dall’altra si assiste alla prima personale in
un’istituzione pubblica italiana dell’artista polacco, che ha già un curriculum
di tutto rispetto (Palais de Tokyo, Hamburger Bahnhof, Barbican Art Gallery).
Al pianterreno prende posto la grande
installazione P.A.P.O.P.,
così imponente da modificare addirittura la percezione dello spazio
architettonico e la disposizione delle sale. In una stanza a cui il visitatore
non ha accesso, se non con lo sguardo tramite le due aperture di plexiglas alle
pareti, si presenta inaspettatamente un computer analogico degli anni ’60, mastodontico se comparato ai nostri microchip. Complice l’indizio della nazionalità dell’artista, si
viene riportati alle atmosfere della Guerra Fredda, in bilico fra ricostruzione
filologica, messa in scena e artificio.
Il lavoro al piano interrato è invece
creato appositamente per l’istituzione trentina. La discesa in quello che
sembra sempre più un black cube (per i soffitti bassi e le tinte scure scelte per le pareti)
conduce a un fosco Ottocento, con tanto di scatole delle meraviglie e
intrattenimenti popolari. Strizzando l’occhio al Duchamp di Etant Donnés, Kuśmirowski allestisce otto diversi peep
show, dove però a essere
presentato è uno sguardo sul passato e su forme di spettacolarizzazione che
potevano esistere in un mondo non ancora saturo di immagini.
Attraverso i vani del Cosmorama, come in un cinema 3D con la patina
rigorosamente vintage (affidato alla bicromia rosso-blu), l’artista si mostra
nell’atto stesso di fabbricazione artigianale della sua “macchina”,
commentato da una base sonora continua, bassa e opprimente.
L’opera di Kuśmirowski si definisce così
nel puntare intensamente sulla sospensione dell’incredulità, traghettando in un
mondo di cui si avverte il carattere artificioso, ma nel quale ci si vuole
comunque abbandonare. Un mondo che ha molte similitudini con le scatole di Joseph
Cornell, ma che viene
allargato alla misura ambientale dell’installazione. La meraviglia e la
sospensione temporale rimangono, e allo stesso modo rimane anche la separazione
operata dalla cornice rispetto allo spazio in cui gli incanti vengono
allestiti.
Non si può entrare, si rischia di svelare
l’inganno. Si può solo contemplare da fuori.
creato appositamente per l’istituzione trentina. La discesa in quello che
sembra sempre più un black cube (per i soffitti bassi e le tinte scure scelte per le pareti)
conduce a un fosco Ottocento, con tanto di scatole delle meraviglie e
intrattenimenti popolari. Strizzando l’occhio al Duchamp di Etant Donnés, Kuśmirowski allestisce otto diversi peep
show, dove però a essere
presentato è uno sguardo sul passato e su forme di spettacolarizzazione che
potevano esistere in un mondo non ancora saturo di immagini.
Attraverso i vani del Cosmorama, come in un cinema 3D con la patina
rigorosamente vintage (affidato alla bicromia rosso-blu), l’artista si mostra
nell’atto stesso di fabbricazione artigianale della sua “macchina”,
commentato da una base sonora continua, bassa e opprimente.
L’opera di Kuśmirowski si definisce così
nel puntare intensamente sulla sospensione dell’incredulità, traghettando in un
mondo di cui si avverte il carattere artificioso, ma nel quale ci si vuole
comunque abbandonare. Un mondo che ha molte similitudini con le scatole di Joseph
Cornell, ma che viene
allargato alla misura ambientale dell’installazione. La meraviglia e la
sospensione temporale rimangono, e allo stesso modo rimane anche la separazione
operata dalla cornice rispetto allo spazio in cui gli incanti vengono
allestiti.
Non si può entrare, si rischia di svelare
l’inganno. Si può solo contemplare da fuori.
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mostra visitata il 14 aprile 2010
dal 19 marzo al 6 giugno 2010
Robert Kusmirowski
a cura di Andrea Viliani ed Elena Lydia
Scipioni
Fondazione Galleria Civica
Via Cavour, 9 – 38122 Trento
Orario: da martedì a domenica ore 10-17
Ingresso libero
Info: tel. +39
0461985511; fax +39 0461237033; info@fondazionegalleriacivica.tn.it;
www.fondazionegalleriacivica.tn.it
[exibart]
che svogliatezza in questa programmazione: tutto già visto, trito, evirato, esangue, noioso…
Caro Andrea, quello che dici francamente mi pare esagerato!
A parte i giudizi personali, si deve dire che Andrea Viliani si sta muovendo con competenza, dando una impronta decisamente personale, promuovendo le giovani realtà italiane (vedi Massimo Bartolini, ecc) ma osservando anche il panorama euriopeo, prerogativa di una cultura specifica di quella area mitteleuropea.
Ben fa un giovane direttore a evidenziare le migliori attualità artistiche, mantenendo vivo il rispetto della cultura italiana ed europea moderna e contemporanea.
Io non sto facendo un discorso di preferenze o gusti personali ma il fatto che sia giovane non significa necessariamente che proponga qualcosa di interessante… In questo caso tutto risulta omologato e puzza un po’ di stantio per chi si aggiorna proprio sulle istanze di ricerca del sistema europeo. E inoltre, quale forma di sensibilizzazione del territorio o di promozione, a meno che sostenere Massimo Bartolini sia una audacia che va rimarcata… Dove sta questa cifra personale? Io francamente non la vedo. Ricordo il baillame per l’inaugurazione evento e la delusione su tutti i fronti dell’operazione. Se questo è il nuovo, aridatece una figura alquanto discutibile ma almeno vivace come Cavallucci
Andrea Viliani?
Un vero professionista dell’arte contemporanea!
Non a caso sa primeggiare (non semplicemente partecipare) in tavole rotonde europee quali The Curators al Witte de With lo scorso anno e L’école de Stéphanie al KW proprio in questi giorni.
Ha saputo reggere perfettamente il problema dell’installazione al monumento di Dante (guardate il disastro avvenuto invece a Museion con la rana).
Ha saputo rendere immediatamente più accogliente lo spazio (tremendo) che ancora è sede della galleria.
Ha saputo con la prima mostra in sede (Kusmirovski) rapportarsi in maniera davvero riuscita con lo spazio (tremendo appunto).
Ha saputo ri-avvicinare alla galleria una folta schiera di appassionati dell’arte che seguono i suoi interessantissimi e frequenti incontri col pubblico (dopo che erano fuggiti per lasciare il posto ad alticci avventori di buffet).
Ha saputo dialogare con il Mart (per la prima volta nella storia della Civica) e con Gabriella Belli (più volte ospite dei suoi incontri).
Ha saputo creare occasioni espositive anche veloci e immediate, ma di livello con le mostre di una settimana che intercalano quelle del programma.
Ha saputo interagire fin da subito con la realtà del luogo, anche con le associazioni più piccole, anche con quelle più giovani, anche con agli ambiti esterni all’arte offrendo loro una vetrina e un luogo di lavoro che si apre letteralmente alla città (si tratta di una parte della galleria affacciata sulla via principale, che prima era addirittura tenuta chiusa).
Insomma una professionalità a tutto tondo, concreta e tangibile, di solito aliena (purtroppo) al mondo dell’arte italiana.
Non resta che ringraziarLo di cuore per il serio lavoro profuso e sperare che voglia continuare a lavorare in questo territorio di irte montagne e confini che scompaiono e riappaiono.
Vielen dank. Grazie.
Milla Hauser Faccinelli, Unsere Liebe Frau im Walde-St. Felix, Trentino South Tirol