Il Mart svela al pubblico la sua ultima donazione privata. Un viaggio tra i capolavori del Novecento, realizzato da una coppia di collezionisti con un’indagine durata venticinque anni. Una ricerca svolta in due, ma con un’unitarietà d’intenti tale che lo sguardo complessivo risulta quello di uno solo, che vuole rimanere giustamente anonimo. Una collezione che non presenta fotografia né video, poiché privilegia l’unicità dell’opera. Soltanto un filo conduttore rimane a legare tutte le sezioni di mostra, una linea piuttosto evidente, che si esplicita nell’idea di unire autori che non solo hanno apportato delle novità ma si sono rivelati creatori di un percorso artistico, artisti che hanno in un certo senso cambiato la storia dell’arte. Per questo le opere scelte dalla coppia, nate tutte da una scelta individuale, sono pezzi rari ed emblematici, che hanno lasciato un segno e le sezioni in cui l’esposizione è suddivisa facilitano un approccio cronologico.
L’occhio del collezionista è attento e sensibile e si posa in primo luogo sulle avanguardie italiane e la figurazione, dove spicca l’opera di recente acquisizione Compenetrazione iridescente n. 4 di Giacomo Balla realizzata nel 1912, che nasce dalle ricerche sulla scomposizione della luce. Celebri sono anche Gomorrhe di Alberto Savinio dove l’interpretazione fantastica del tema biblico si esprime tra un trionfo di cromìe brillanti e Strada di periferia di Mario Sironi, splendido esempio della tipologia urbana sironiana degli anni Trenta, composta da potenti masse di edifici e una pittura nervosa.
La seconda sezione è dedicata all’astrattismo e gli esempi sono dei migliori come la Superficie 678 di Giuseppe Capogrossi dall’ordine ritmicamente scandito eseguito proprio in quell’anno 1950 in cui il pittore esordisce come astrattista alla Galleria del Secolo di Roma, o un Piero Dorazio del ’57.
Il passaggio alla sezione dell’Informale parte da Hans Hartung precursore dell’informel francese, passa attraverso Jean Fautrier per approdare ad un Sacco di Alberto Burri del ’53. Non mancano il dripping a tinte forti di Sam Francis e il paesaggio grigio di Antoni Tapis per approdare poi al concettuale con l’elegantissimo Concetto spaziale – Attese datato ’59 di Lucio Fontana o un Achrome di Piero Manzoni del ’57.
Il Nouveau Realismo e la Transavanguardia sono i protagonisti della quarta e penultima sezione che si apre con la Tableau piege di Daniel Spoerri, uno dei suoi famosi quadri-trappola, per passare tra gli altri ad un m
L’ultima sezione riguarda i contemporanei e anche in questo caso il quadro è l’elemento fondamentale, come il bellissimo ritratto di Elizabeth von Osterreich di Anselm Kiefer che raffigura la famosa principessa Sissi, mito di fascino e malinconia, la semplicità apparente dei ritratti di Alex Katz e un’installazione di Christian Boltanski, che rappresenta giovani ebrei adolescenti. A chiudere l’esposizione, il villaggio senza frontiere di Chen Zhen, del 2000, una sedia e candele, simbolo di villaggio universale e di un’arte senza divisioni, che lancia un barlume di speranza per il futuro.
francesca baboni
mostra visitata il 24 giugno 2007
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