Un percorso che si srotola attraverso la suggestione del
colore, la tattilità della stoffa, l’evanescenza della sabbia, quello che
accompagna dalla hall al ristorante del Grand Hotel Trento in occasione della
personale dedicata ad
Annamaria Targher (Trento, 1974).
Le quindici opere esposte ripercorrono gli ultimi tre anni
di produzione dell’artista trentina e mostrano l’intensa ricerca, formale e
spirituale, di una pittrice che pensa
“in grande”: le maestose tele alle pareti
sembrano fatte per esser guardate da una certa distanza, per eliminare
qualsiasi tentazione verso la ricerca del dettaglio e dell’intervento minimo,
per favorire invece la creazione di immagini da ottenersi attraverso un
processo mentale di sintesi di elementi singoli.
Tra le prime tele e la produzione piĂą recente di Annamaria
Targher si evidenzia una netta evoluzione, nei soggetti come nell’uso del
colore e nella tipologia di materiali utilizzati. Si passa infatti da grandi
tele ampiamente dominate dal colore, in cui gli scarti cromatici insieme con un
senso del ritmo che genera una pulsione quasi musicale, sono i veri protagonisti
del dipinto, a collage di dimensioni più ridotte, in cui fulcri dell’interesse
diventano l’uomo e il rapporto con i materiali. Lo stacco deciso tra le due
produzioni è indicata anche dai titoli delle opere,
Esperimenti o
Landscapes nella prima,
Figure, Ragazzi o
Esseri nella seconda.
Il passaggio verso il soggetto figurativo sancisce un
cambio di direzione significativo nell’opera di Targher, ma la sua cifra
stilistica rimane indubbiamente riconoscibile: non vi si abbandona la ricerca
coloristica precedente, mantenendo un rapporto con la superficie piĂą fisico che
mentale, e neanche l’atmosfera rarefatta e sognante. L’elemento umano si
aggiunge a questa composizione come ulteriore oggetto di ricerca.
Interessante è come viene compiuta questa ricerca:
sublimando ogni parvenza di realismo, la figura umana è riletta attraverso una
lente deformante che ne altera le fattezze e sfuma i contorni, producendo
un’immagine che esula dal particolare per diventare emblema universale. I temi
fanno pensare talvolta a scene oniriche misteriose, come in
Danza intorno ad
un idolo; altre
volte questi sogni si tramutano in incubo, come nel caso di
Essere che mette
in provetta un altro individuo; altre volte, invece, la figura umana sembra ridursi a
semplice pretesto per prove linguistiche e compositive (
Ragazzo che si volta
mentre mangia).
Se ciò che si apprezza maggiormente nella produzione di
questa artista è la volontà di sperimentare, nei materiali come nella
composizione e nella tecnica pittorica, e il ritmo pulsante generato
dall’accordo tra colore e forma, non si può non gradire anche la capacità dei
suoi lavori di dialogare con il contesto. Ci si accorge allora che quello che
rimane di questa visita non è un’immagine, un segno, ma la lieve sensazione
lasciata da una delicata atmosfera.