Potremmo dire “quando la realtà supera la finzione”, perché l’arte con questo progetto dimostra di essere quanto mai reale. È stato infatti innescato un meccanismo inverso, che ha riportato le opere a galla, le ha rimesse nel proprio habitat naturale, le ha collocate di nuovo dentro il momento che stiamo vivendo, nella realtà che le ha scaturite. Cosa c’è di strano a vedere opere reali nella realtà? Il fatto è che sono state create in Second Life. Per questo la mostra s’intitola
Third Life, come se le opere reali appartenessero a una terza dimensione ideale, ancora oltre.
Il ragionamento curatoriale è senza dubbio interessante e originale, e quel che ci piace è che non è nato in una grande metropoli, ma nella piccola e tranquilla Riva del Garda. Dopo esser stata ospitata dalla Shift Gallery su un’isola di SL, la mostra approda in un antico palazzo -che promette di continuare con progetti d’arte contemporanea- sulle rive del lago. È un segno che qualcosa si sta muovendo in Trentino Alto Adige, anche al di là dei colossi Mart e Museion, e delle istituzioni come la Galleria Civica di Trento, Kunst Merano Arte e Ar/Ge Kunst. Gli artisti, inoltre, sono una selezione di giovani trentini.
Essendo nate nella Rete, le opere sono prevalentemente legate a una comunicazione immateriale anche al di fuori di quel contesto. Ma qui sono comunque reali. Reale e politico -nel senso che è quanto mai critico verso il momento storico attuale- è il video di
Stefano Cagol, che apre la mostra risucchiando ipnoticamente nel suo loop sonoro e visivo, che scandisce l’influenza della vita,
Life Flu. Mentre una scimmia, che si distingue nell’audio, ride di noi. Video anche per
Matteo Peterlini, già presentato da Buonanno Arte Contemporanea, che scompone e ricompone la realtà in spicchi di pixel. Eppure è sempre la realtà reale, perché è tratta da immagini fotografiche.
Unisce video e disegno l’opera di
Andrea Bertolini. I suoi personaggi, identificati da tratti a pastello più o meno intensi, appaiono come irrequieti, non finiti, bloccati su fondi bianchi. Attorno a loro ruotano altrettanto sospese costellazioni di quadratini dello stesso colore rosa confetto o verde acido, come se fossero meteoriti che ci cadono addosso nel vivere quotidiano. Non c’è invece tecnologia nell’intervento di
Emanuele Bendetti, che risponde con un’estetica del passato, con forme in legno di piedi racchiuse in sacche di plastica piene di liquido. Come arti di un Pinocchio, sospeso fra lo stare nella difficile realtà o nel mondo dei balocchi di SL.