La percezione orizzontale e il binomio orizzontale-orizzonte. Sono queste le coordinate del viaggio figurato che propone l’esposizione curata dallo stesso direttore di Museion, Andreas Hapkemeyer. Un viaggio, lungo quasi tre secoli, che si snoda attraverso le opere di una ventina di artisti diversi per tecnica e stile, accomunati dal concetto formale di orizzontalità. Si perde dunque ogni distinzione tra reale e irreale, tra paesaggi -naturali o cittadini- ed opere astratte, mentre lo sguardo dell’osservatore viene spinto verso l’infinito e, in una atmosfera di silenzio e pace, condotto verso la trascendenza. Calma ed essenzialità caratterizzano un percorso espositivo contraddistinto da un allestimento ridotto al minimo per lasciare il palcoscenico interamente alle creazioni artistiche, fuse insieme in un’unità ideale e a-temporale.
Il quadro del pittore romantico Caspar David Friedrich, dove sono rappresentati gli effetti scaturiti dall’incontro tra luce e nuvole, ha evidenti elementi in comune per quanto riguarda la percezione visiva e psicologica con il paesaggio vignettato Cielo Giallo di Roy Lichtenstein. Qui gli stessi giochi di luce sono invece tradotti con un colore omogeneo e in modo bidimensionale. Si colloca sullo “stesso” piano l’ opera astratta di Mark Rothko Senza Titolo/Arancione e rosa su rosso.
La distesa d’acqua di Albin Egger Lienz (Il mare) produce sullo spettatore i medesimi effetti visivi della fotografia del giapponese Hiroshi Sugimoto che ritrae una superficie marina che si dilata verso l’infinito (Sea of Japan, Reburn Island), o degli orizzonti marini che ruotano progressivamente verso destra (Sea Horizont 12°-60°) di Jan Dibbets; o ancora, della video-installazione di Kimsooja, A Laundry Women Yamuma River,India, in cui un fiume scorre davanti ad una sagoma immobile girata di spalle.
Un’ulteriore e suggestiva linea guida della mostra viene suggerita nel catalogo (durante il percorso espositivo non se ne trova traccia ad eccezione di una marginale citazione di un passo dell’Enquiry del filosofo Burke). Questa possibile chiave interpretativa è legata all’esperienza estetica del sublime, in cui ha un ruolo fondamentale il concetto di infinito. Esperienza del sublime che crea un’iniziale frattura nelle capacità sensoriali dello spettatore, evidenziata ad esempio dall’opera di Piet Mondrian Molo sull’Oceano 4, dove brevi linee “tagliano” verticalmente e orizzontalmente il piano.
Alle opere visive fanno da cornice citazioni e passi letterari: da Leopardi ad Ungaretti, da Goethe allo stesso Wim Wenders.
Riferimenti che conducono la riflessione su un piano parallelo, sostenendo il visitatore nella percezione visiva e accompagnandolo in questo “tenue stordimento in cui la coscienza del tempo e dello spazio e di qualsiasi limite affonda silente e beata”per usare le parole di Thomas Mann riportate in una delle sale di Museion.
paolo francesconi
mostra visitata il 16 settembre 2005
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fantastica.
che bella idea, ecco una collettiva che ha senso in quanto tale
No, purtroppo non mi è piaciuta. Molte opere splendide -una su tutte, quella di Kim Sooja- ma grande perplessità sul loro accostamento lungo il filo conduttore dell'orizzontalità. Per questo, personalmente, l'ho trovata senza alcuno spunto.
Fosse stata a-tematica non sarebbe cambiato nulla.