11
settembre: un evento con una sua collocazione spazio-temporale precisa, che
diventa altro invadendo la dimensione privata di ciascuno. Come rappresentare
tutto questo se non buttandoci dentro anche se stessi?
È
ciò che fa
Stefano Cagol (Trento, 1969; vive a Trento e Bruxelles) al Mart di Rovereto, in un
progetto che lo vede impegnato in quattro diverse sedi: tre pubbliche – oltre
allo stesso Mart, Kunstraum a Innsbruck e Zkm a Karlsruhe – e una privata, il
suo studio a Bruxelles.
Pubblico e privato, collettivo e individuale si confondono
all’interno d’un archivio tratto dalla memoria collettiva Wikipedia, che
raccoglie tutti gli eventi legati alla data dell’11 settembre. Si parte dal 9 d.C.
per giungere al 2007. E così, fra strane coincidenze unite dal ripercuotersi di
questa data – fra la scoperta di Manhattan nel 1609, l’inizio della costruzione
del Pentagono nel 1941 e l’attacco alle torri gemelle nel 2001 – si colloca il
personale: il compleanno dell’artista, l’11 settembre 1969.
Cagol compie una sorta di performance lasciando una
traccia di sé, rendendo se stesso fonte d’informazione, in un progetto che
invita ogni singola nazione ad ampliare l’archivio. Si genera così un continuo
sbilanciamento, che spinge a chiedersi se si possa ancora distinguere fra
collettivo e individuale, o se piuttosto siamo tutti ugualmente condizionabili
e condizionati dai medesimi timori e influenze, in quest’epoca in cui anche la
paura è globalizzata.
L’artista
definisce quest’installazione “
un’anti-opera pubblica”, volutamente essenziale, proprio
in quest’era di sovrabbondanza della comunicazione, scelta per commemorare
l’avvenimento finora più importante del millennio. L’installazione si
concretizza infatti in un display led su cui scorre una successione di
ricorrenze che si confonde con l’arredamento dell’atrio del Mart.
L’inganno
percettivo, per cui non si sa se ci si trovi di fronte a un pannello informativo,
si aggiunge a un ulteriore spiazzamento, già vissuto di fronte alla realtà
dell’attacco alle torri, avvenuto in una dimensione di sovrapposizione fra
spettacolarità immaginifica e tragica certezza.
Questo lavoro si pone all’apice di una ricerca che da anni indaga il nostro
comune destino, soggetto ai diversi punti di potere della società, divisa tra
conflitti e incomprensioni, ma sospinta e dominata da forze collettive inconsce
di junghiana memoria. Quasi che l’umanità s’illuda di dirigersi da sola, di
realizzare quanto ha coscientemente deciso, mentre invece – fra innumerevoli distrazioni
e banalità quotidiane – il mondo intero si arma come non mai.
Giocare su questa mutazione di valori, tra ciò che è rilevante e ciò che non lo
è, significa confondere la carica emotiva e ricca di significato storico di un
evento con il vissuto quotidiano che azzera e oscura tutto. Un sistema alterato
di valori che fluttuano nel territorio ambiguo della
Babilonia Contemporanea.
Con
ironia, quest’installazione spinge dunque alla riflessione. A metà fra diario
personale e indagine socio-antropologica.