La Stretch Sculpture in mostra a Merano è una scultura dilatata, estesa, stanca di interpretare una diligente ripetizione della realtà o una sua visione idealizzata. Una scultura abituata invece a dirottare il proprio interesse verso un’interazione più complessa con lo spazio, con le altre forme espressive e con il momento attuale. Eppure, a giudicare da questa mostra, lo spazio scultoreo è esteso ma misurato, dilatato ma non selvaggio. Le opere esposte, che estendono la propria sperimentazione a diverse modalità e diversi materiali, sembrano infatti legate da un cordone ombelicale con la tradizione, con quella dell’artigianato del legno o degli intrecci in vimini, o con quella -più vicina- della scultura novecentesca. Allo stesso modo, anche l’allestimento offre interessanti punti di vista, ma non osa: dall’alto del soppalco si può osservare l’intera altezza dell’edificio, ma le opere sono posizionate in maniera tradizionale.
Stranamente misurate risultano ad esempio le opere di Erik Steinbrecher. E’ presente infatti solo una delle sue note forme falliche, oggetti scultorei che sfidano la forza di gravità. E’ Larry, realizzata in resina sintetica. Di gomma anche le due sculture della sala accanto, che simulano camere d’aria legate insieme e pendenti dal muro, evocando l’arte povera.
Il Gonflable di Hans Kupelwieser, posizionato sul pianerottolo del primo piano, appare appoggiato e non audacemente sospeso come in altre occasioni. E’ il risultato di un processo irreversibile: per dare forma alla scultura le lamiere di alluminio sono state saldate all’interno della struttura e poi gonfiate d’aria con un compressore. Tanto da costruire un grosso cuscino dalle pieghe incancellabili. Ma in questa collocazione l’opera perde quello straniante contrasto tra leggerezza e pesantezza che la rendeva particolarmente riuscita.
Gonfiate sono anche le forme regolari ideate dal giapponese Sukenari per l’ultimo piano dello spazio espositivo. Un cilindro e un cono a strisce fucsia e gialle: il primo si estende lungo l’intero perimetro, non esitando a curvare, mentre il cono fuoriesce orizzontalmente dalla parete creando una deviazione obbligata nel percorso del visitatore. In questo modo la scultura si affianca e si fonde con l’architettura.
Il cantiere fittizio, dalle cui superfici strutturali in cartongesso spuntano le forme tra l’arcaico e il biologico di Peter Senoner, non convince completamente. Nelle sue installazioni, abitualmente molto suggestive, esseri alieni in legno intagliato convivono con suoni e video dal mood estremamente freddo. Qui a Merano l’artista altoatesino ha realizzato una sala dove le sculture lignee interagiscono direttamente con disegni in cui si allude alla realtà vegetale a cui si ispira.
Tra l’astratto e il biologico sono anche i Nidi di Sissi, intrecci di legno e carta colorata che qui, ancorati alle pareti dell’antico palazzo, assumono l’aspetto di festoni carnevaleschi lasciati appesi oltre tempo.
milla hauser
mostra visitata il 1 ottobre 2005
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