Con Gioacchino Pontrelli, classe 1966, alla galleria Deanesi di Rovereto è di scena lo spazio. Sono esposti una ventina di nuovi lavori, di medie e grandi dimensioni, che introducono il concetto di spazialità, sempre di difficile trattazione in ambito pittorico. È la scena del teatro –il teatro della vita- nella quale lo spettatore è invitato ad osservare e percepire la rappresentazione di oggetti che gli appartengono.
Prevalgono, figurativamente, sedie e poltrone, ma anche divani o letti e tutta l’oggettistica d’arredo che si può trovare in una stanza, come vasi e fonti di luce. Una pittura d’interni quindi, che mostra ciò che ci circonda, ciò che quotidianamente ci troviamo ad abitare, a consumare. Ma spesso si vive di cliché e codici che provengono dai media, senza che si riesca ad esperire fino in fondo il senso delle cose, l’essenza che appartiene all’oggetto. L’oggetto è sempre in scena, ma è come se fosse stato assassinato, oscurato dalla sua immagine patinata, e le storie delle cose sono le storie di un’assenza, di una sparizione.
L’artista mostra una rappresentazione decostruita, che non è più legata alla moda o al design, ma ad uno stato d’animo interiore, che getta una luce di vissuto su ciò che si vede. Con la pittura di Pontrelli si entra in una sospensione della percezione visiva e per detrazione si giunge ad un differente approccio nei confronti delle coordinate spazio-temporali. Siamo introdotti alla verità dell’immagine. Se i meccanismi della visione si basano su una standardizzazione del visibile, Pontrelli percorre un sentiero inverso, e nella costruzione della rappresentazione pittorica di una stanza immette una massiccia dose di verità della Cosa.
Come in Glazed paper # 1 o in The golden glass # 6. Tanto che, se si dovesse dare una definizione, la più appropriata sarebbe forse quella di un neo iperrealismo informale. Valga tra tutti l’esempio di Now there. Questo perché l’immagine, se da una certa distanza può apparire uniforme e figurativa, ad un progressivo avvicinamento cambia. Avviene quella sospensione data dall’informalità della pennellata e dalle sbavature di colore, che spiazzano il fruitore.
A questo punto l’immagine diventa il resoconto di un viaggio che il pittore compie nella propria interiorità restituendo, rinnovati, gli elementi costituivi di un paesaggio, seppure interno. La spazio di una stanza, e tutto ciò che in essa è contenuto, è un pretesto per proporre uno spostamento nel sentire le cose che circondano la nostra esistenza. Ognuno però può, attraverso questo meccanismo pittorico, intraprendere una rinnovata percezione del mondo e di ciò che ne fa il suo contenuto, ampliando una visione continuamente codificata imposta dai canali massificati della comunicazione.
In Between è il titolo della mostra ed esprime, in tutta la sua essenza, un passaggio. Che cerca di guidare lo spettatore verso un ritrovato equilibrio tra pittura e realtà.
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Bellissima mostra!