16 dicembre 2002

Il Mart visto da chi c’è già

 
Due interviste. Una, oggi, a Fabio Cavallucci, direttore della Galleria Civica d'Arte Contemporanea di Trento; un'altra, domani, a Valerio Deho, curatore della nuova kunsthalle Merano Arte. Sentiamo cosa pensano del nuovo Mart di Rovereto...

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**intervista raccolta ad inizio dicembre**


Da metà dicembre il Trentino Alto Adige potrà vantare un nuovo ulteriore spazio espositivo per l’arte moderna e contemporanea. Cosa potrà significare il nuovo Mart di Rovereto per la regione?
Rappresenterà certamente un forte rafforzamento di tutta l’attività artistica svolta in regione, una regione che potrà così aspirare a diventare uno dei punti di riferimento principali per l’arte contemporanea in Italia. Del resto voi di Exibart ve ne siete già accorti aprendo la redazione “trento-bolzano”.

Hai già visitato la struttura di Botta? Come l’hai trovata in termini di estetica e funzionalità?
Non l’ho ancora visitata all’interno. Ho visto il plastico, ma da quello non è possibile rendersi conto della funzionalità. La critica di carattere estetico che va per la maggiore è che l’edificio è nascosto, non visibile dalla città. Ma non credo che questo sia un vero problema. Appartengo alla schiera di coloro che ancora pensano che ciò che conta in un museo sia quello che sta dentro. E in ogni caso anche la forza dell’immagine è salva con la magnifica cupola della piazza coperta che ne rappresenta un po’ il simbolo.

La struttura che dirigi si trova in una città relativamente piccola rispetto ai grandi poli dell’arte. Il nuovo Mart, addirittura, nasce in un centro ancor più piccolo. Il museo che ha inaugurato il 14 dicembre potrà essere penalizzato dalla sua ubicazione a Rovereto o ne trarrà, invece, vantaggio?
Dal punto di vista pratico è evidente che essere in un grande centro favorisce l’afflusso di pubblico, non fosse altro per la consistenza della rete ferroviaria, per la presenza di un aeroporto, ecc… Già da tempo però si è26396(2) assistito a fenomeni di decentramento, per cui il pubblico può anche essere attratto da centri minori, soprattutto se l’offerta che si propone è ampia, e può soddisfare non solo la sete culturale, ma anche l’armonia complessiva del soggiorno, con buona cucina, locali simpatici, iniziative diversificate.

Su quali ambiti si potranno ragionare collaborazioni, partnership e sinergie tra il centro d’arte che dirigi e il Mart? La didattica, l’editoria, l’organizzazione di convegni e conferenze?
Noi stiamo già collaborando con Mart in più settori. Innanzitutto quello della collezione. La Galleria Civica di Arte Contemporanea di Trento è una sorta di kunsthalle, il cui fine immediato è di offrire una proposta artistica fresca ed aggiornata, non di accumulare e conservare opere. Per questo le opere che comunque vengono raccolte nel tempo passeranno al Mart per la conservazione e l’esposizione, pur mantenendone il Comune di Trento la proprietà.
Inoltre si sta programmando insieme un regolamento per la promozione all’esterno degli artisti trentini, in cui le due istituzioni stabiliscono un budget annuo che possa incentivare le uscite in spazi esterni alla regione. E anche sulla didattica si lavora almeno in parte congiuntamente.
Ma non mancano anche vere e proprie iniziative espositive comuni: la prima è “Nuovo spazio italiano”, una rassegna con diciotto giovani artisti italiani che si è inaugurata il 6 dicembre, nella sede della Galleria Civica e in quella trentina del Mart, il Palazzo delle Albere, decisa anche per offrire un palcoscenico internazionale alla giovane arte italiana nei giorni di apertura del Polo di Rovereto.

In cosa, invece, si differenzia e si deve differenziare la tua istituzione rispetto al Mart?
La differenza di impostazione del lavoro è ben chiara. Il Mart è il grande museo nato per la conservazione e la consacrazione. La sua stessa dimensione gli impone di fare mostre su base storica, di analisi di un periodo o di un artista, per un pubblico piuttosto largo.
La Galleria Civica si occupa della sperimentazione: diviene una specie di laboratorio di ricerca che sperimenta nuove forme d’arte, nuove mescolanze tra ambiti di diversi, e soprattutto nuove forme di proposizione e di promozione di questa ricerca. Il paradosso è che gli artisti da anni stanno utilizzando nuovi linguaggi, con l’implicazione, ad esempio, del suono, dell’azione scenica o delle nuove tecnologie. Ma le istituzioni paiono ancora non essersene accorte: continuano a proporre la produzione artistica secondo le vecchie strategie. Ecco, la Galleria Civica vuole diventare un laboratorio di ricerca in questa direzione.

Per concludere un consiglio al Mart. Quali gli errori assolutamente da evitare per questa nuova struttura museale?
Soprattutto inviterei Gabriella Belli, la direttrice, e i suoi collaboratori, ma soprattutto gli uomini politici del territorio, a non lasciarsi adescare dalla smania dei grandi numeri, della responsabilità di un ritorno immediato a livello di pubblico. Il museo ha uno staff perfettamente in grado di realizzare mostre ed iniziative importanti, che lascino il segno nell’evoluzione della cultura del nostro tempo. La cultura vera non ha bisogno di numeri esagerati nel breve termine, ma deve crescere insieme al pubblico nel tempo. Il rischio è che le aspettative del territorio costringano la direzione a prevedere investimenti alti nel campo della promozione, sottraendo così finanziamenti alla cultura in favore della pubblicità.

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a cura di massimiliano tonelli

[exibart]

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