La serata si è svolta nelle Officine FS. Transart, alla sua terza edizione, non propone comode poltrone di velluto, ma spazi industriali e magazzini, la dislocazione della cultura negli ambienti di lavoro.
Quattro sono le brevissime storie di Songs for Amelia Earhart scritte ed eseguite da Laurie Anderson con l’accompagnamento della Stuttgarter Kammerorchester .
“Il fatto principale nella vita di Earhart fu quello di avere sposato un uomo della stampa –dice la Anderson che sta preparando un’importante personale a Milano al Pac– per cui ogni sua frase veniva registrata e data alle masse. Una vita incredibile…”. Amelia Earhart è la pilota star degli anni ’30, una Hepburn, una Reifenstahl, una delle donne più famose nella storia dell’aviazione, la prima ad
Il 2 giugno del ’37 a bordo del Lockheed Electra 10E non riesce a trasmettere, da terra non riescono a raggiungerla, vola in avanti e indietro sopra l’isola di Howland, ma non riesce ad atterrare. “La tecnologia fallisce, Earhart non sa immettersi sulla frequenza giusta e per questo il suo è un viaggio senza ritorno. Dopo l’11 settembre e la caduta della navicella spaziale Columbia, ci siamo improvvisamente resi conto dell’importanza della tecnologia e dei disastri che un’avaria o un fallimento possono comportare”.
Laurie Anderson è la prima artista in residenza per l’anno 2003 alla Nasa e la concomitanza degli eventi non può che averla resa maggiormente cosciente nella
Magistrale la sua interpretazione, con quella liquidità della voce, amplificazioni di suoni, l’attutire poetico di voci, richiami nel vuoto. “Per la stesura del pezzo mi sono concentrata sull’ultimo volo di Amelia Earhart”, ci spiega. E ciò che emerge è una poesia, un canto ultimo di una voce indimenticabile. Quell’affermare che “a volte le mie idee non sono le mie”, che “la terra non è che fango”, i bassi modulati, anticipatori e divoranti, infine i vuoti, lunghi, preannunciano la catastrofe, per essere raccolti nei due microfoni a frequenze diverse che non riescono a incontrarsi, come se fossero due voci, Anderson chiama, sussurra: “non ti sento”, “non ti sento”. Il suono echeggia e si perde.
anny ballardini
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Ecco...E' qui che sento la mia anima pulsare...
Questa è ancora ARTE...Altro che chiacchere...
E' questa roba qui che l'anima mi fa vibrare...