12 maggio 2017

Raffaella Cortese

 

di

Sinceramente non ho trovato “Viva Arte Viva” quella che si potrebbe definire una “bella mostra”. Sono entrata nelle due sedi del Padiglione Centrale e all’Arsenale senza aver “studiato” precedentemente, perché in queste occasioni preferisco scoprire l’esposizione di impatto, libera da sovrastrutture.
Peccato perché avevo buone aspettative, e invece mi è sembrato evidente di essere al cospetto di una mostra poco strutturata e per certi aspetti molto decorativa, dove anche alcuni autori molto forti sembrano perdere potenza, con il risultato di una svalutazione di opere e concetti. 
Come gallerista, inoltre, mi pare anche che queste “riscoperte” seguano il trend che le fiere portano avanti da anni, con una differenza: in un kermesse come la Biennale non si può risolvere la complessità di un artista che si vuole “ritrovare” mettendolo in un angolo o dedicandogli una parete, come avviene in uno stand: sarebbe necessario, quantomeno, dare spazio, approfondire. Fare una mostra.
E ribadisco, mi spiace: avevo riposto fiducia anche nell’energia di una curatela femminile e invece, in alcuni passaggi, ho rilevato anche dei grossolani errori nell’allestimento. Peccato.

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