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A Palazzo Grassi uno sguardo sul mondo che ci appartiene
venezia
In un salone cinquecentesco prendono vita i fantasmi della nuova società consumista. Paure, ansie, angosce, incertezze, si mostrano con cruda fermezza. "Il mondo vi appartiene" sembra un monito sussurrato lentamente, profondamente. Quel che resta è la falsa illusione che qualcosa possa ancora cambiare...
di Erika Prandi
Friedrich Kunath (Chemnitz, Germania Ovest, 1974) presenta un’opera in cui degli enormi piedi da clown sbucano da sotto una tenda mentre da dietro un ingranaggio muove una pallina da tennis per simulare il movimento della persona. Kunath è anche l’autore di altre due opere situate ai piani superiori in cui nella prima un uomo di due metri vestito con camicia hawaiana ha la testa dentro mezza sfera che contiene un paesaggio alpino innevato. È un individuo come tanti che nel Nuovo Mondo ha trovato false illusioni. Egli incarna le difficoltà dell’uomo medio di vivere nella società che lo obbliga a rifugiarsi con la mente in altri luoghi. Al primo piano una scritta inquietante emerge dal muro chiaro: Life is beautiful di Farhad Moshiri (Shiraz, Iran, 1963) realizzata con 1242 coltelli di ogni dimensione, colore e utilizzo. Una presa di posizione sarcastica sulla vita che riserva sempre un lato oscuro. Ahmed Alsoudani (Bagdad, Iraq, 1975) è l’autore di tre opere su tela realizzate con carboncino e colori accesi mentre una folla convulsa anima lo spazio in cui è inserita. I colori chiari, laddove altre parti sono lasciate a vuoto, indicano una speranza latente, uno sguardo positivo su alcuni aspetti atroci che ne fanno comprendere la natura per esorcizzarla. El Anatsui (Ghana, 1944) ha voluto spoliare la cultura africana di tappi di bottiglia, merce importata dai colonizzatori, per farne un enorme tessuto colorato intrecciato da fili di rame mentre David Hammons (Springfield, Illinois,1943) ha enfatizzato la cultura afro americana evidenziando le caratteristiche peculiari. Sopra enormi tamburi ha posizionato dei gatti dormienti a rappresentare la vanità e la presunzione di arrivare ad alti livelli nella società dei natii africani. Una grande tela con il ritratto di Mao realizzata con incenso e carboncino è l’opera principale della serie di Zhang Huan (An Yang City, Cina, 1965) in cui il riutilizzo dei materiali poveri, ma importanti per la cultura orientale, impreziosiscono i ritratti caricandoli di spiritualità. La caverna di Huang Yong Ping (1954, Xiamen) permette al visitatore di interagire con l’opera e di esserne parte. Da un buco si scorgono figure di progenitori delle caverne seduti a meditare mentre tanti pipistrelli volano attorno. È la rappresentazione della paura più antica verso spettri o animali riconducibile al mito della caverna di Platone che l’artista ci invita a guardare per riflettere. Si prosegue con la foresta post apocalittica di Loris Gréaud (1979, Eaubonne, Francia) popolata da 36 alberi mentre Matthew Day Jackson (Panorama City, CA, nel 1974) presenta creature dalle sembianze semi umane provenienti da altri pianeti. Il turismo di massa che provoca distruzione di ambienti naturali è ben semplificato dalla palma artificiale di Yto Barrada (Parigi, 1971) mentre Adrian Ghenie (Baia Mare, Romania, 1977) ripropone il crudo passato della nazione sovietica. Stessa forza comunicativa per le tele di Philippe Perrot (1967, Parigi) che ci mostra, in spazi privi di profondità e di prospettiva, scene sparse di violenza, crudeltà, di dolore.
a cura di erika prandi
dal 2 giugno al 31 dicembre 2011
Il mondo vi appartiene
a cura di Caroline Bourgeois
Palazzo Grassi
Campo San Samuele, 3231 – 30124 Venezia
Orario: aperto tutti i giorni dalle 10 alle 19 tranne il martedì
Ingresso: intero € 15; ridotto € 10
Info: tel. + 39 041 5231680; fax +39 041 5286218;
prenotazioni 199139139
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