Il segno in tutte le sue sfaccettature è alla base della mostra
Temi e Variazioni. Dalla grafia all’azzeramento, curata da Luca Massimo Barbero, fresco di nomina alla direzione del Macro di Roma. Una panoramica di opere facenti parte della collezione Guggenheim accompagna il visitatore in un percorso in cui, partendo da creazioni delle avanguardie storiche, si arriva alle ultime produzioni dell’arte contemporanea, analizzando il segno inteso come traccia che sta alla base di ogni creazione.
La mostra si articola in diverse sezioni, che ora indagano la presenza della parola inserita nell’immagine, come nel
Manifesto interventista di
Carrà, ora analizzano la grafia come griglia, mostrando la strutturazione geometrica presente nei dipinti di
Mondrian.
Il segno e la grafia si articolano anche attraverso gli oggetti e le immagini ripetute, com’è riscontrabile nelle opere di
Baj,
Arman e
Spoerri. Talvolta il grafema diventa invece espressione di un più profondo diagramma esistenziale, come avviene in
Gastone Novelli – che con le sue opere riesce a restituire visivamente il trascorrere del tempo – o in
Mark Tobey.
Si giunge così a esperienze artistiche che, attraverso l’indagine del segno e della spazialità, costruiscono una nuova sintassi visiva dell’azzeramento: è il caso dei tagli di
Fontana, delle lettere mute di
Dadamaino, delle estroflessioni di
Bonalumi, dei fori di
De Marchi.
A testimoniare come il grado zero della figurazione affascini gli artisti contemporanei, la Collezione Guggenheim propone anche la preziosa personale di
Jason Martin (Jersey City, 1970; vive a Londra), intitolata
Veglia, che raccoglie opere dal 1994 al 2009. Cos’è
Veglia? Secondo il curatore, “
è l’essenza di un ideale creazionista, un inno per una pittura che incarna la preghiera, la ritualità e la danza. Un viaggio sacro dall’elementare all’esotico”.
Attraverso una serie di tredici opere, Martin presenta una sequenza di monocromi ottenuti con pennellate dense e ripetute. Il suo modo di dipingere ricorda quello dell’Action Painting: inevitabile è il rimando all’assunto di
Pollock, secondo il quale l’artista diventa parte dell’opera attraverso il gesto.
C’è fatica e velocità nel lavoro di Martin, che impegna tutto il corpo per trasmettere un senso di movimento alla materia: “
Il lavoro è finito quando ho trovato un ritmo quasi musicale e quando la materia ha un movimento e una consistenza quasi scultorea. Insomma, quando scopro finalmente l’emozione”.
È quel che accade in due dipinti straordinari come
Primavera e
Fiocco, l’uno total-black e l’altro total-white, nei quali l’artista ricrea riflessi e onde di luce e colore naturali.