Con oltre trecento opere esposte – fra edizioni a stampa,
manoscritti, documenti, disegni e progetti di edifici realizzati, mai
realizzati o scomparsi – la mostra
Palladio e/a Venezia intende ricostruire l’ambiente
culturale dell’epoca e ripercorrere le tappe dell’attività svolta da
Andrea
Palladio (Padova, 1508 – Maser, Treviso, 1580) nella città
lagunare: dalla creazione del magnifico scenario del Bacino San Marco al
purtroppo mai realizzato Ponte di Rialto.
Accanto all’
Italia liberata dai Goti e alla
Sofonisba di
Gian Giorgio Trissino – l’uomo che per primo credette nel
talento del valente tagliapietra: è a lui che Andrea di Pietro della Gondola
deve l’introduzione nella società bene del tempo e il nome d’arte con cui è
passato alla storia – troviamo esposte quelle opere che tanta influenza ebbero
sulla sua formazione, c
ioè i libri di architettura di Sebastiano Serlio, di
Pirro Logorio e di Vitruvio, quest’ultimo tradotto e commentato da Daniele
Barbaro.
Proprio ai fratelli Daniele e Marcantonio Barbaro,
illustri committenti e grandi animatori dell’ambiente culturale veneziano, va
anche il merito di aver sollecitato gli incarichi veneziani ottenuti dal
Palladio.
Non potevano mancare, fra i vari lavori di quest’ultimo, presenti in svariate edizioni,
I quattro libri dell’architettura, opera che gli valse, anche
grazie alla diffusione attuata dallo Scamozzi, una imperitura fama
internazionale. Alquanto “curioso” appare l’angolo dedicato ai ritratti di
Andrea Palladio, un tantino rigidi e dall’aspetto agiografico.
I rilievi fotogrammetrici delle opere palladiane,
realizzati dai laboratori informatici dello Iuav di Venezia, attuano un metodo
di studio fondato sulla raccolta di dati tecnici, storici e scientifici delle
opere che, sia pure con differenti strumenti, ricalca il metodo di
apprendimento che lo stesso Palladio utilizzava nel misurare, disegnare,
confrontare le opere degli antichi romani.
Fin qui tutto bello, buono e forse anche un po’ scontato,
se non fosse per il pezzo forte della mostra, quello che val bene una visita e
che sicuramente suscita l’interesse degli esperti. È un semplice libro dei
conti, rinvenuto alcuni anni or sono presso la Biblioteca del Museo Correr,
relativo alla costruzione di un palazzo al Lido, per il quale il Palladio, nel
gennaio del 1574, ottenne un compenso di 75 ducati in nove rate “
per far sagome delli capitelli” e assistere in qualità di perito
alla realizzazione delle volte.
Questo apparentemente semplice “ritrovamento” è un segnale
rivelatore delle ricchezze ancora inesplorate dei nostri archivi e delle nostre
biblioteche. Testimonianza dell’unico edificio civile al quale Palladio prese
parte in città, la dice lunga sul rapporto che Palladio intrattenne con
Venezia, luogo in cui era difficile ottenere incarichi professionali e che non
dava nulla per scontato. Neanche la fama dell’illustre architetto.