Da Canaletto al nipote Bellotto, formatosi nella bottega dello zio e chiamato a sua volta Canaletto, ora il panorama è completo. Con l’apertura della mostra dedicata agli inizi di Antonio Canal, detto il Canaletto (Venezia, 1687 – 1768), tra le due rive del Bacino di San Marco è ricostruito il momento della maggiore fortuna del vedutismo veneziano del Settecento.
Grazie a questa esposizione e a quella contemporanea di Bernardo Bellotto al Museo Correr, organizzata dal Comune di Venezia con la consulenza scientifica dell’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Giorgio Cini, sono infatti tornate in laguna le più belle e significative opere dei due grandi vedutisti. Ne scaturisce un’occasione unica di confronto sulle diverse sensibilità espressive dei due artisti e sui loro sui riferimenti culturali e visivi.
Un importante risultato per l’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Giorgio Cini, diretto da Alessandro Bettagno curatore della mostra con Bozena Anna Kowalczyk, che iniziò nel lontano 1962 ad approfondire il discorso critico sul vedutismo veneziano. Le ricerche condotte negli ultimi anni hanno portato ad una nuova
Proprio dal soggiorno romano parte la mostra, la cui novità ed eccezionalità sta nell’attenzione posta al primo periodo di Canaletto, fino al 1730. Sono esposti una cinquantina di dipinti e 27 disegni prestati da importanti istituzioni europee e statunitensi tra cui la Royal Collection del castello di Windsor. Una serie di opere che dimostrano come il genio vedutista dell’artista veneziano si sia espresso compiutamente già in età giovanile, a partire dai venticinque anni.
Per il giovane educato al lavoro di scenografo teatrale fu decisivo il viaggio a Roma nel 1718 – 1720, dove “scomunicò” il teatro e si dedicò alla pittura da cavalletto con vedute al naturale e d’invenzione, ruderi antichi e altri soggetti d’antichità. A documentare il passaggio sono esposte due grandi tele provenienti da Budapest, “Il Campidoglio con Santa Maria d’Aracoeli” e “Il tempio di Antonino e Faustina”, per la prima volta attribuitegli con sicurezza. Lo stile è ancora incerto, con inesattezze prospettiche. Seguono alcuni raffinati disegni del Colosseo e di altri monumenti della romanità oltre ad alcuni dipinti – vedute ideate e capricci architettonici con motivi romani e veneziani, tra cui un “Notturno” – realizzati al ritorno a Venezia dopo la metà del 1720.
Domina un’atmosfera cupa, quasi spiritata.
Poi, dopo alcune vedute di carattere decorativo, si fa strada una nuova maniera di concepire la veduta, quella storicamente più nota e che, come ebbe modo di osservare Argan, significava “non recepire la visione ma organizzarla”. Il suo scopo era quello di restituire una veduta colta non solo con gli occhi, e quindi ricca di particolari, ma anche con la mente e quindi prospettive e distanze erano manipolate anche col discreto uso della camera ottica.
Nei quattro dipinti provenienti dalla collezione del pittore rococò Antonio Pellegrini la prospettiva è ancora approssimativa, con zone luminose e ombre potenti, la pennellata larga. Nella veduta delle “Isole di San Cristoforo, San Michele e Murano dalle Fondamenta Nuove”, ripresa in più versioni, anche notturna, lo scenario si fa più drammatico e sciroccoso. Sono gli anni 17222 – 1723 e l’artista rivela un interesse per la rappresentazione più precisa delle architetture, arricchite da vivaci macchiette e dense atmosfere.
Arrivano poi i primi capolavori(“Il Rio dei Mendicanti” di Ca’ Rezzonico, “Piazza San Marco verso la Basilica” di Madrid), in cui l’artista sperimenta le prospettive più spettacolari, la pennellata più libera, morbida e nel contempo precisa, i passaggi luministici di grande effetto.
Nella stupenda veduta del “Canal Grande da Palazzo Corner Spinelli verso Rialto”, del 1724, i toni bruni cedono il posto ad una ricerca più luminosa e la libertà topografica allarga in modo esagerato il Canal Grande.
I caratteri del primo Canaletto si ritrovano nel capolavoro “Il laboratorio dei marmi nel campo San Vidal” di Londra, più che una veduta una atipica rappresentazione di un frammento della vita urbana col fervido lavoro dei tagliapietra.
L’espressività giovanile culmina nei quadri realizzati per la Collezione Conti e in quelli provenienti dal castello di Windsor, prestati dalla regina Elisabetta. Con queste serie Canaletto sperimentò uno stile e una tecnica sempre più assoggettati alla rappresentazione precisa e luminosa delle architetture. Il percorso si conclude con lo spettacolare “Bucintoro al Molo il giorno dell’Ascensione” del 1729. Canaletto faceva il suo ingresso nel mondo del collezionismo anglosassone, verso l’apice del successo. A partire dalla fine degli anni Venti le sue opere venivano commissionate in serie dagli stranieri che volevano un ricordo del Grand Tour ed erano disposti a pagare prezzi esorbitanti. E questo fu favorito da due accorti mediatori, il banchiere e collezionista Joseph Smith, console inglese a Venezia dal 1744, e Anton Maria Zanetti sr., personaggio attivo nella vita culturale veneziana.
Aveva inventato una nuova pittura, capace di rendere con illuministica certezza la profondità degli spazi, l’infallibilità delle prospettive, la luminosità ideale delle atmosfere. Una pittura che ricreava il fascino di Venezia esaltandone la complessità delle architetture, la trasparenza dell’acqua e la vibrazione dei cieli.
Da questi risultati partirà, dopo una decina d’anni il nipote Bellotto, che dopo essersi formato nella bottega dello zio lascerà Venezia per le corti europee.
In conclusione, una mostra ricchissima sia per la qualità delle opere esposte sia per gli spunti scientifici, cui contribuisce la presentazione dei disegni. Alcuni costituiscono rarissimi esempi del lavoro preparatorio che Canaletto affrontava per realizzare i dipinti e sono quindi possibili inreressanti confronti coi lavori esposti.
Catalogo
Il catalogo Electa molto accurato riporta saggi di Alessandro Bettagno e altri studiosi del Canaletto. In particolare, i dipinti sono divisi e analizzati in base
Le riproduzioni delle immagini hanno il pregio di focalizzare anche alcuni dettagli che permettono di leggere la qualità della pennellata. E mettono pure in evidenza particolari di barche o di tende che sembrerebbero di oggi.
Inoltre, nell’ultima sezione sono ricostruiti i primi anni del Canaletto attraverso le lettere dei contemporanei. Lo studio dei suoi rapporti con la società veneziana e con gli stranieri presenti a Venezia, che apprezzarono fin dall’inizio la sua arte, ha permesso di completare le notizie sul primo collezionismo e di ricostruire la storia di alcuni dipinti.
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Gran bella recensione, completa ed esauriente. Brava a Nicoletta.
Peccato che non avete messo gli articoli relativi a questa mostra già usciti nel sito.
Ciao
Potrei sapere il numero di telefono della fodazione Cini?
Saluti a tutti.
Costantino, spero che ora vada meglio...
Ringrazio per la particolare attenzione che dedica alle pagine di questo sito...avercene...
saluti.
Ehi Kranix... guarda che quel tipo laggiù che si firma con il mio nome non sono io; io metto sempre l'indirizzo e-mail: è un mio omonimo. Boh...
Ciao!
Che bei commenti poetici!
Venerdi pomeriggio, una giornata di sole, ho visto la Venezia del 2001 e del 1700. Una mostra perfetta! Una giornata perfetta! Complimenti all'organizzazione..e soprattutto, al Canaletto!!!