Numerosi sono gli effetti nelle arti visive del solido programma culturale sviluppato dalla Chiesa a partire dal Concilio di Trento ¬-sia pure con contropartite in campo filosofico e scientifico pesantissime, valgano per tutti il rogo di Giordano Bruno e l’abiura cui fu costretto Galileo- dettato dal bisogno di ritrovare consenso, di riaffermare con forza il proprio ruolo messo in discussione dalla scissione con le chiese riformate. È così che alla pars destruens espressa nei dettami tridentini, mirata a reprimere e censurare la vitalità e la bellezza rinascimentale del corpo rappresentato nella sua nudità (“non appaiano petti né altre membra o parti del corpo non honeste […] et che per nessuna arte non si pregiudichi al spirito et al decoro et natura delle sante et divine figure”), si associa una pars construens secondo cui, come scrive nel 1582 Gabriele Paleotti, le immagini sarebbero diventate dei veri e propri “istrumenti per unire gli uomini a Dio, per persuadere il popolo e tirarlo col mezzo della pittura ad abbracciare alcuna cosa pertinente alla religione”.
Strutturata in dodici sezioni, la mostra -che vede per la prima volta la collaborazione di due istituzioni storicamente lontane come l’Ermitage ed i Musei Vaticani- propone un’inconsueta e stimolante lettura dell’iconografia religiosa seicentesca non con criterio cronologico ma a partire dai temi, dai soggetti. Apre l’esposizione La moltiplicazione dei pani e la mistica propagazione della Regola di San Benedetto di Leandro Bassano (1557-1622), modello dell’opera prodotta dal pittore bassanese per l’abbazia di Montecassino andata distrutta sotto i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, caratterizzata dal sovrapporsi di due piani narrativi temporalmente distanti, ma che testimonia gli intenti della committenza benedettina di operare in continuità con la vita di Cristo.
Particolarmente rappresentata la sezione dei santi, tra cui spicca il San Gerolamo penitente di Luca Giordano (1634-1705) e le due splendide terrecotte di Lorenzo Bernini (1598-1680), mentre è una sorpresa Santa Caterina bacia la piaga del costato di Cristo di Paolo Emilio Besenzi (1608-1656), esemplare nell’atto di devozione della santa. Ma è forse il tema dell’estasi quello visivamente più toccante; sono in mostra due opere di piccola dimensione dedicate alla beata Ludovica Albertoni del Bernini e la sensuale e decadente Maddalena in estasi del Caravaggio (1571-1610). Di notevole impatto anche le sezioni dedicata alle stigmate (rappresentati Santa Caterina e San Francesco), agli angeli e alla Chiesa Madre dei Poveri, che, come nell’opera di Bernardino Ludovisi (1693-1749), allatta un vecchio dai propri seni prosperosi. Ed è cosi che esplode il Barocco nell’Assunzione della vergine di Peter Paul Rubens (1577-1640) e nella Gloria di San Ignazio di Andrea Pozzo (1642-1709), capace di aprire il soffitto agli spazi infiniti del cielo.
daniele capra
mostra visitata il 16 marzo 2007
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