In linea con gli ultimi eventi presentati, anche questa mostra si divide in due parti: nella SIDE A room i disegni degli appartenenti alla R.A.L. (Royal Art Lodge), nella SIDE B room, l’opera scultorea dell’americano Ono.
Due intenzioni “diverse” nel fare arte che trovano nella radice “spazialità” un trait d’union, rafforzato dalle implicazioni che le opere comportano. Ottanta fogli A4, dipinti con colori acidi, sono distribuiti su vent’otto metri per narrare in modo grottesco l’apocalisse. Marcel Dzama e Neil Farber ritraggono strane figure (animali, mostri, spettri e demoni) alle prese con l’essere umano, che è diretto/accompagnato verso un qualcosa di non ben chiaro (una salvezza? Una drammatica fine?). Ogni foglio propone l’incontro con qualche personaggio, ed è collegato al successivo, che ne introduce altri. Una sequenzialità che trascina l’osservatore e lo invita a spostarsi (fisicamente) con il
Le desinenze stilistiche dei due artisti (Farber più naif, Dzama più truce), si mescolano sino a contaminarsi in un gioco fantasioso imbevuto dei crismi del tragico. Daily Apocalypse individua nei riferimenti letterari, nelle allegorie e negli archetipi religiosi, la matrice del canovaccio immaginifico, nell’acerbo dei colori e nel grottesco delle forme, l’immediatezza comunicativa.
Jeff Ono propone un’opera in linea con la propria ricerca, fondata sulla modularità geometrica e sullo studio della “struttura” (anche architettonica) da combinare con aspetti quasi fantascientifici. Una “scultura”, di sfere monocromatiche con mutilazioni generatrici di altre sfere, che rimanda immediatamente a qualcosa di organico (uova di alieno?). Una catena vitale in grado di riempire lo spazio fisico, pronta ad aumentare, propagare, evolvere.
Le similitudini tra le due tipologie di opere esposte alla Perugi non si esauriscono solo con la “dominante spaziale”, ma continuano nella particolarità evolutiva e ritmica. Da un lato, l’incedere degli eventi con fare sequenziale in cui si è solo spettatori; dall’altro l’autogenerarsi delle sfere come la crescita di un elemento vivo, in cui si rimane sempre e solo spettatori. Un’interazione tra opera e fruitore, che si esaurisce fisicamente nel movimento spaziale, ma che continua virtualmente nelle prospettive espresse, per poi mantenere una sorta di distacco: l’impossibilità di intervento.
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mostra visitata il 18 ottobre 2003
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Complimenti alla galleria Perugi che sta facendo una proposta di alto livello . Anche se a parer mio,sta esagerando con la presenza troppo frequente degli artisti del gruppo Royal Art Lodge.
Ma forse mi sbaglio io e ha ragione Perugi a continuare a battere il chiodo, visto che sull'ultimo flash art, ho notato una cosa curiosa : il miglior gallerista italiano (Massimo De Carlo) ha in programma una mostra personale di un artista che all'unizio faceva parte del gruppo canadese R A L!
Auguri