Con il XX secolo l’arte scopre la dimensione della psiche, misteriosa ed inquietante, priva dei porti sicuri dei dogmi accademici ottocenteschi.
Inizia così una nuova storia, quella della dialettica ansiosa che dichiara falsa ed abolita la logica cartesiana. Ansia ed angoscia diventano condizione inevitabile di chi, senza timore, mette in gioco se stesso, sacrifica la propria identità per perdersi nel mare oscuro della mente e disciogliersi, con dolorosa ebbrezza, nel flusso dell’energia che muove il mondo.
Originale è che da un Van Gogh scomparso riprodotto solo in catalogo, opera emblematica con l’artista in cammino verso Tarascona, si muova una riscrittura della
La rivoluzione è analizzata in 7 sezioni che, rinunciando all’ordine cronologico e progressista, scoprono inedite corrispondenze tra vecchi e nuovi maestri.
La selezione dei lavori predilige la qualità e prescinde da tecnica e dimensioni; cosicché, quando manca il capolavoro, ecco la piccola e bella tavola con doppio ritratto di Toulouse-Lautrec o la serie di grafiche di Munch. Anche la Testa di cavallo di Picasso è ottimo surrogato e dettaglio del celebre Guernica.
E se la scelta di trascurare l’ordine cronologico talvolta imbarazza il visitatore, l’abbinamento de Le maschere e la morte (1897) di Ensor con il fantoccio angosciato di Oursler (Hello?, 1996) vale da solo il prezzo del biglietto.
La mostra è riuscita, insomma, ma penalizzata da alcune note dolenti. La prima è un peccato veniale e sta nel sottotitolo: Da Picasso a Bacon è uno specchietto per le allodole.
Grave è invece che la mostra risulti inquinata da artisti decaduti, di secondo piano o di fama localissima. Erano indispensabili i vari Finotti, Girardello, Guarienti, Violetta, ecc.? Qui, dei due, o abbiamo a che fare con un provincialismo che non riesce a scrollarsi di dosso la necessità, all’occasione, di accontentare qualcosa o qualcuno oppure, chi ha scelto, ha le idee un po’ confuse sulla ricerca contemporanea. Che Giorgio Cortenova (direttore dello spazio) sia tanto saldo nello storico quanto barcollante nel contemporaneo è storia vecchia e lo si vede anche dalle straviste acquisizioni di Palazzo Forti, fin troppo presenti anche stavolta.
Il catalogo è buono e completo, anche se il direttore di Palazzo Forti se la canta e se la suona con l’unico testo, troppo lungo (20 pagine!). In 4 anni di preparazione non s’è trovato un solo pensatore illuminato interessato all’argomento?
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