Trenta celebri marmi, quasi duecento gessi, un centinaio di disegni e poi bozzetti e dipinti (perché Canova fu anche apprezzato pittore) per un totale di 400 opere in mostra più una completa sezione documentaria, che descrivono a tutto tondo la figura eclettica e infaticabile del grande artista veneto, che dal marmo riusciva a ricavare forme perfette, che per modello avevano le statue degli antichi ma nell’anima erano profondamente moderne, interpreti del gusto archeologico ossessionato dal bello naturale ma anche di una sensualità, di una grazia, nelle quali si colgono già le prime avvisaglie romantiche.
Uno stile che, proprio per questa sua perfetta ed originalissima ricetta, divenne da subito internazionale. Tutti i potenti dell’epoca, in Italia e all’estero, si contesero l’ex scalpellino venuto giù dai monti: dallo Stato della Chiesa e da Napoleone, dai nobili di tutte le corti europee, ricevette incarichi, commissioni ed onori riservati a pochi. Eppure viene descritto come un uomo semplice, timido e modesto, dedito solo alla sua arte.
La mostra di Canova si tiene presso il Museo Civico di Bassano del Grappa e la Gipsoteca di Possagno, ultimata nel 1836 su progetto di Francesco Lazzari e ampliata nel 1957 da Carlo Scarpa.
33 musei europei hanno prestato le opere, ben sette le statue provenienti dall’Ermitage di San Pietroburgo, che da qualche anno ha stretto un interessante sodalizio con la piccola cittadina di Bassano del Grappa. Non a caso il museo russo, che conserva la più importante collezione al mondo dei marmi canoviani, è tra i promotori della mostra e prestatore di opere celeberrime come l’Amorino alato, la Maddalena penitente, la Danzatrice con le mani sui fianchi e il Genio funerario.
Ma ci sono anche Tersicore, Ebe, la Maddalena Penitente e quella Musa Polimnia che raffigurava Elisa Bonaparte Baciocchi granduchessa di Toscana in veste di musa e che l’artista finì quando i Bonaparte erano già caduti in disgrazia. Tolti i riferimenti realistizi ed idealizzata nelle forme somatiche, l’opera poté essere donata dalle Province venete alla nuova imperatrice d’Austria, alla quale fu tenuta ben nascosta l’origine della stessa.
L’allestimento è stato curato da Fabrica e il catalogo è un’imperdibile monografia, la più completa e aggiornata su Canova.
Scriveva Stendhal: Il Canova ha avuto il coraggio di non copiare i greci e di inventare una bellezza, come avevano fatto i greci.
La vita
Antonio Canova era nato il primo dì di novembre del 1757 a Possagno (TV).
Morto il padre nel 1761, già nell’infanzia diventa ottimo scalpellino e a 11 anni viene preso a bottega a Venezia. Frequenta l’ancora giovane Pubblica Accademia (Piazzetta l’aveva fondata nel 1750) e nel 1772 realizza due Canestri di frutta per il Senatore Falier (oggi al Correr). Lì cominciava la sua carriera; nel 1779, appena esposto il suo Dedalo e Icaro, parte per Roma, dove entra in contatto con persobaggi pubblici ed artisti illustri. Nel 1780 visita le antichità di Pompei, Ercolano e Paestum, da poco scoperte e divenute subito trampolino per la riscoperta della classicità. Stabilitosi a Roma, con una pensione della Repubblica di Venezia riservata a giovani artisti meritevoli, tra il 1783 e il 1784 comincia il monumento funebre a Clemente XIV, che finirà nel 1787, e quello per Clemente XIII.
I potenti dell’epoca cominciano a contenderselo: il colonnello Campbell, Girolamo Zulian e il principe Jussupov; nel 1797 Napoleone lo dichiara sotto la protezione dell’Armata d’Italia. Nel frattempo torna per qualche breve soggiorno a Possagno, ma viaggia molto: con Rezzonico gira per l’Austria e la Germania; nel 1798 a Vienna il duca Alberto di Sassonia gli commissiona il Monumento funerario di Maria Cristina d’Austria. L’attività si fa intensa e la sua fama cresce, al punto che, nel 1802, viene nominato ispettore generale delle antichità e belle arti dello Stato della Chiesa, dell’Accademia di S.Luca, dei Musei Vaticani e del Campidoglio. Nello stesso anno va a Parigi per fare il ritratto di Napoleone, da cui trasse il modello di Napoleone come Marte pacificatore. Nel 1804 dona un ritratto di Pio VII allo stesso Bonaparte e la contessa d’Albany gli commissiona il monumento funerario di Vittorio Alfieri, che sarà inaugurato nel 1810 alla basilica di S. Croce a Firenze. Nel decennio successivo realizza una gran parte delle sue opere maggiori, per i committenti più prestigiosi. Si permette anche di rifiutare a Napoleone l’incarico di soprintendente e nel 1815 si reca a Parigi per il recupero delle opere trafugate dall’Italia. Tornato a Possagno nel 1822, si ammala; trasferitosi a Venezia, il 13 ottobre muore. Nel 1826 viene venduto lo studio romano dell’artista di via delle Colonnette, ma tutti i gessi sono trasferiti nella residenza di Possagno che, nel 1853, viene donata al Comune. Nel 1830, nel Tempio appena ultimato per volontà testamentaria dell’artista e da lui stesso progettato sulla collina prospiciente la gipsoteca e la sua casa, vengono deposte le sue spoglie.
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Consiglio vivamente di visitare questa mostra.... anche se il museo risulta essere un po' piccolo e forse non allineato con gli standards dei grandi musei..... la meraviglia e la magnificenza delle sculture vi rimarrà impressa per molto tempo....
Canova ha reso vivo il marmo... le statue trasmettono emozioni incredibili... la perfezione è lì davanti agli occhi.
Non perdetevi questi capolavori... e fate una capatina anche a Possagno per vedere dal vivo gli originali in gesso... calchi su cui lavorava proprio l'artista.
E' un'occasione anche per visitare i luoghi... Bassano, Asolo, Monte Grappa, ecc.