Per un artista tedesco che deve lavorare lungo il territorio del Belpaese “da Trento ad Agrigento”, il
Viaggio in Italia di Goethe – deve aver pensato
Matthias Schaller (Dillingen/Donau, 1965; vive a New York e Venezia) – è un’opera imprescindibile a cui fare riferimento. È proprio dal capolavoro del grande intellettuale che prende le mosse questo progetto, realizzato compiendo una sorta di Grand Tour iniziato nel 2005 e da poco concluso.
Se l’installazione
Fratelli d’Italia, inserita fra le numerose iniziative collaterali della Biennale d’Architettura, viene giustamente presentata come una mostra di fotografia concettuale, è pur vero che, visitandola, riesce difficile sottovalutare il suo impatto, per così dire, sensuale. Quasi tutti i teatri fotografati per questo progetto, in effetti, palesano un’evidente volontà di eleganza o di sfarzo e opulenza, con i loro lampadari, gli affreschi e le decorazioni che fanno bella mostra nelle immagini, attirando inevitabilmente lo sguardo. A questo fattore s’aggiunge il lato più propriamente architettonico, con linee sinuose che disegnano la sempre medesima struttura teatrale interna, sottolineata dal punto di vista posto sul palcoscenico e dagli ampi piani di ripresa.
Formalmente parlando, queste immagini si offrono in prima battuta al visitatore come decorazione parietale,
risultando come un unicum che si svolge attraverso un effetto visivo notevole, evidenziando parallelamente in modo chiaro l’uniformità prevista dal progetto. Il collegamento fra la costruzione dei teatri e la volontà politica dell’unificazione dell’Italia trova così la sua piena dimostrazione.
A tal proposito, vale la pena notare come anche la totale assenza di didascalie sulla parete sembra assumere questa doppia valenza formale/concettuale. Pulita da ogni segno grafico aggiuntivo, la lunga parete accoglie le immagini, quasi quadrate essendo di 87×91 centimetri, in modo rigoroso e ordinato. Si evitano così distrazioni, aiutando a concentrarsi solamente sugli scatti. È proprio la coerenza che emerge da questi dettagli che convince circa la buona realizzazione del lavoro di Schaller.
L’altra tesi di questo progetto, infatti, sottolinea la sfasatura tra la volontà di unificazione e la cultura, le condizioni sociali reali delle città, che sono tutt’oggi molto diversificate. Ci si ritrova impossibilitati a riconoscere a quali centri corrispondono i teatri, sostanzialmente identici e ridotti a simboli. D’altra parte, le didascalie sono presenti solamente sui fogli a disposizione dei visitatori. Come fossero le pagine delle soluzioni di un gioco della “Settimana Enigmistica”.