Nel diritto romano si definiva
res derelicta una cosa che era stata abbandonata e che quindi era a disposizione di chi ne volesse assumere il possesso. La mostra alla Galleria Contemporaneo parte da questo concetto, osservato come chiave interpretativa dei nostri giorni. Luoghi deserti in preda all’incuria, ai margini delle città, scarti della produzione e del consumo. La nostra è una società che ha fatto dell’abbandono la cifra del proprio agire, costruendo il suo prosperare su montagne di rifiuti. Ma queste stesse marginalità possono rappresentare spazi di cui riappropriarsi, per riscattarli e trasformarli in ulteriori possibilità.
Armando Lulaj mette al centro del proprio lavoro un barile di petrolio. Una fotografia lo presenta a un tempo come icona della residualità e base ideale su cui poggia il palazzo dell’Onu, come motore dell’economia e della politica, specchio che riflette e deforma la nostra società, come lascia intendere il titolo,
Reflection in Black.
L’appropriazione di un luogo abbandonato viene esemplificata nel modo più ampio possibile dal progetto del gruppo
Built Event. Un team di circa quaranta persone, costituito da scienziati, filosofi, architetti e artisti, si è confrontato con un’isola deserta nel mezzo del Mediterraneo, utilizzando le proprie competenze per affrontarne ogni aspetto.
Il risultato è un’opera monumentale incarnata in un enorme libro d’artista e in una videoinstallazione che dà voce e immagini a un racconto corale e pluridisciplinare dell’isola, mescolandone la storia alle specie protette che la abitano, assieme ai sogni architettonici di riutilizzo dei vecchi monasteri abbandonati.
Anche
La Selva/Der Park di
Harald Gsaller riflette sulla natura. Protagonista è il declino di un parco a sud di Roma, in preda all’incuria più totale. Le fotografie dell’artista austriaco ne sottolineano il degrado, fra resti d’incontri a sfondo sessuale e segni di incendi, tra animali al pascolo e accenni alla bellezza d’un tempo. Accompagnano le fotografie alcuni motti latini che riflettono sulla connessione fra senso e utilizzo, mentre una sorta di labirinto anamorfico di frasi concentriche considera il rapporto dell’uomo con la natura.
I luoghi dell’abbandono hanno anche un rapporto stretto con la memoria e coi ricordi. Lo sottolineano gli scatti di
Vincenzo Casali, congelando situazioni provvisorie, configurazioni di cose che altrimenti verrebbero a perdersi in brevissimo tempo. Indagano le tracce che il passaggio di qualcosa può lasciare nella memoria. Come nel video
Geografie mentali, una lunga intervista a Umberto Galimberti, che ripercorre gli anni e i luoghi della sua formazione, accompagnato dai disegni che il filosofo ha tracciato durante il racconto: mappe della memoria con cui orientare i propri ricordi.