Categorie: venezia

fino al 13.I.2008 | Balkani | Adria (ro), Museo Archeologico Nazionale

di - 11 Dicembre 2007
Lei la conoscono tutti. È la grande maschera funeraria in lamina d’oro dal volto severo, la barba e i baffi resi accuratamente grazie a un’incisione minuziosa. Opera di un grande artigiano. La cosiddetta “Maschera di Agamennone”, oggi conservata al Museo Archeologico Nazionale di Atene, è forse la più celebre delle creazioni artistiche micenee. Pochi invece conoscono la sua “sorella minore”, che si trova al Museo Nazionale di Belgrado e che apparteneva al corredo di un capo guerriero sepolto nella necropoli di Trebeniste. Ha forma allungata, occhi stilizzati e senza fessura, barba appena accennata, labbra leggermente dischiuse. Tra le due ci sono mille anni di storia. Dieci secoli di guerre, invasioni, sovrapposizioni culturali, mescolamenti etnici. Eppure, entrambe riescono a mantenere inalterato -sebbene con qualche differenza a livello qualitativo- il loro essere simbolo di regalità e valore, virile e guerriero, destinato a sopravvivere ben oltre lo sfacelo della morte. La maschera di Belgrado, come altri pezzi di notevole impatto estetico e visivo, è esposta al Museo Archeologico di Adria per la mostra Balkani. Una mostra che va ben oltre la dichiarata ambizione di ricostruire la storia dei popoli che tra l’VIII secolo a.C. e la conquista romana (II sec. d.C.) abitarono, governarono o si contesero le terre bagnate dal Danubio e dalla Stava, fino all’Adriatico orientale.
Gli oggetti esposti sono 250 e sono state prestati dal Museo di Belgrado come “anticipazione” del grande reopening della sede che, dopo un restauro reso necessario dalla terribile guerra nella ex Jugoslavia, avverrà solo dopo il 2010. Bella davvero, nel frattempo, l’idea di farli “dialogare” con i reperti “locali” -in particolare etruschi- provenienti dagli scavi in corso da tempo nel territorio di Adria. La mostra è stata l’occasione per l’attesa apertura della Sezione Etrusca, forte di una ricca selezione -si veda l’enigmatica “Tomba della Biga”- tra gli oltre 60 mila reperti riemersi in anni di lavori.
La rassegna stimola la mente in un vero e proprio gioco di rimandi. Arte etrusca, greca arcaica, balcanica, celtica, germanica, scizia, greca classica, romana, persino orientale. Tutto si ritrova in quel crogiuolo di culture e razze che sono i Balcani e che hanno da sempre fatto la storia. Si vedano le Gorgoni che fanno la linguaccia dalle anse e dai piedistalli del grande cratere tripodico in bronzo riemerso, anch’esso, dalla ricchissima necropoli di Trebeniste. Si interroghino le svastiche d’oro di Novi Pazar, simbolo solare ancestrale, che troviamo graffite o dipinte su tanti vasi etruschi. E lo straordinario fabbro in bronzo di Vraniste non ricorda forse, nel suo stilizzato e un po’ comico realismo, altre statuette simili prodotte nel Peloponneso e in Tessaglia? Ci sono poi le spille d’argento del VI-V secolo a.C., mirabili per simmetria e sintesi geometrica, che richiamano subito alla memoria certi scudi celtici, con tanto di umbone puntuto. Tale e quale le spade piegate come offerta alle divinità -altro rituale tipicamente celtico- e i bottoni d’argento con il simbolo del triskel (ed ecco apparire virtualmente la falera di Manerbio).
Con la romanizzazione, a partire dal II secolo d.C., questo mondo vivace inizia a venire meno. Certo, non cessano gli scambi culturali tra le varie aree dell’impero, di cui ora anche l’area balcanica fa parte. Ma l’erezione di infrastrutture, le strade, la diffusione della lingua e della scrittura latina annacquano la vivacità di questa koinè culturale, ammantandola di un’austerità forse un poco eccessiva. La zona è turbolenta e Roma non dorme certo sonni tranquilli. Il cambiamento di clima lo si coglie osservando il volto di bronzo del padre dell’imperatore Traiano, proveniente dalla decorazione della porta di accesso sul ponte fatto costruire sul Danubio per opera del geniale architetto Apollodoro di Damasco a Kostol, antica Pontes. È un uomo di mezz’età dallo sguardo duro, i capelli perfettamente curati, il volto realisticamente pingue con la bocca serrata in un’espressione da giudice severo più che da pater patriae. Al posto degli antichi guerrieri barbuti e dalle labbra socchiuse, giovani e valorosi nella loro sete di conquista, abbiamo un vecchio aristocratico che guarda con preoccupazione oltre i confini orientali, dove già altre genti e altri popoli premono per varcare le porte dell’impero. Siamo alla metà del II secolo. Solo cent’anni dopo, per Roma inizierà la catasfrofe.

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elena percivaldi
mostra visitata il 10 luglio 2007


dal 7 luglio 2007 al 13 gennaio 2008
Balkani. Antiche civiltà fra Danubio e Adriatico
Museo Nazionale Archeologico di Adria – Parco del Delta del Po
Via Badini, 59 – 45011 Adria (RO)
Orario: tutti i giorni ore 9-20; la biglietteria chiude un’ora prima
Ingresso: intero Mostra+Museo € 6; ridotto Mostra+Museo € 3
Catalogo Silvana Editoriale
Info: tel. +39 042671200; fax +39 0426372095; info@balkani.it; www.balkani.it

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@http://www.twitter.com/elenapercivaldi

Redattore eventi di Exibart.com

Visualizza commenti

  • brava percivaldi, scritto molto bene. forse indulgi un po' troppo alla moda del tempo (odierno): i voli pindarici tra secoli e terre diverse per cogliere improbabili analogie che vadano oltre gli accidenti formali. però chissà forse hai ragione: se lo fa daverio.

  • dici che sia scritto bene? io ho fatto fatica ad arrivare alla fine. parole parole (altro che indugi) e perchè tra tante parole non aggiungere qualcosa di interessante? ad esempio le date delle due famose maschere. perchè .. non tutti si nasce imparati e perchè come diceva gombritch le date sono i chiodi per l'arazzo della storia (o qualcosa di simile)....

  • Nomi e date... per questo esistono i manuali, non credi? Basta leggerli. E comunque, visto che vogliamo essere precisi, GOMBRICH... :)

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