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L’Intento
“Quotidiana00 deve essere una mostra per gli artisti” dicono due dei curatori (Guido Bartorelli e Stefania Schiavon) nelle prime righe della presentazione contenuta nel catalogo, e continuano con un elenco di cinque articoli che vanno a supportare questo proposito. Se tutti i punti sui quali si soffermano vengono rispettati (e non è il caso di dubitarne), bisogna riconoscere che il progetto è ammirevole e va a occuparsi di un settore piuttosto trascurato: quello dei giovani artisti. L’iniziativa nasce con lo scopo di mettere in luce gli artisti emergenti, di garantire loro una vetrina e di metterli nelle condizioni di contattare galleristi, critici e tutte le figure che ruotano intorno al mondo dell’arte.
Giunta ormai alla settima edizione, quotidiana00 rappresenta un appuntamento importante per quanti (fruitori) desiderino scrutare il mondo del contemporaneo, proprio partendo dai più verdi dei suoi rappresentanti (i giovani), e assume un ruolo determinante per coloro (gli artisti) cerchino un’opportunità per esibire il proprio lavoro…per farsi conoscere. A capo della mostra vi è una selezione degli artisti iscritti all’archivio giovani artisti italiani (G.A.I.) effettuata tramite concorso esteso alle 31 Amministrazioni locali del territorio nazionale che aderiscono all’Associazione per il Circuito Giovani Artisti Italiani. Proprio l’Archivio del G.A.I. di Padova rappresenta un servizio “vivo” in quanto non si limita ad accettare le opere degli iscritti, ma tende a “capire” il percorso artistico di ogni aderente dedicando allo scopo uno o più giorni al mese. L’esito di questi work in progress ha come finalità appunto l’immissione degli artisti nel panorama artistico che sarà effettuato attraverso la partecipazione a più esposizioni. Il primo passo lo rappresenta “Segnali all’orizzonte” (mostra a cadenza annuale), il secondo, che risulta più significativo, lo si ha appunto con “Quotidiana”…ed infine, quello più prestigioso, sarà la “Biennale Giovani Artisti dell’Europa e del Mediterraneo”.
Cosa
L’idea di non promuovere gli artisti sulla base di un tema, ma di lasciarli liberi di produrre la propria espressione sondando i campi più disparati ha reso “difficile” la chiave di lettura dei lavori presenti alla mostra. Opere disseminate per la sala senza un apparente (e sottolineo apparente) filo conduttore…così eterogenee da far smarrire l’osservatore, talmente buffe o banali o serie o pretenziose, da incuriosire.
Ed è proprio la curiosità a mantenere vivo un interesse verso la ricerca di un denominatore, verso il ritrovamento di una radice che possa in qualche modo identificare la paternità del fiore…I curatori dell’evento (Virginia Baradel, Guido Bartorelli e Stefania Schiavon) sapevano di scontrarsi con questo effetto, ma erano altrettanto consapevoli che il desiderio di un “venirne a capo” avrebbe mantenuto desta l’attenzione…avrebbe cioè garantito l’osservazione delle opere al di là di qualsiasi prospetto tematico, oltre ogni tentativo di chiarezza, fuori da ogni sillogismo. Superato quindi il primo impatto con le opere, e con il tentativo di inglobarle entro qualsivoglia teorema, si inizia più agevolmente ad assaporare le primizie esposte: mele rosse dalle quali diffidare (“Diffida” Cristina Pavesi), uomini d’erba da non pestare (“Body-Heart” Michele De Marchi), richiami per BatMan (“Call me Anytime You Need” Verdan Perkov), topless più o meno autorizzati (“Esistenza Quotidiana” Maura Lari)…e via via che ci si addentra nell’intricato panorama che questi artisti ci offrono, sempre più forte diviene la consapevolezza di”cosa” stanno dicendo, e di “come” leggerli. Ecco che la mancanza del filo conduttore (che era apparente…) si sente meno, e si riscopre una lieson sottile ma efficace: la vita. Questi giovani artisti esprimono ciò che maggiormente conoscono, ovvero il proprio vivere. Nel quotidiano le fonti e gli stimoli di certo non mancano, le emozioni non si contano, i contrasti, le paure, timidezze, violenza, aggressività, solitudine, meditazioni …e quant’altro vogliate aggiungere, sicuramente non scarseggiano e fungono da catalizzatore dell’espressione. Osservando le opere appare evidente il richiamo ad una società centrata sui consumi, sui mass- media e sulle tecnologie, ma pervasa da falsità, ipocrisia e violenza. L’aspetto giocoso cui “molti” degli artisti presenti fanno ricorso, assume le sembianze di un voler esorcizzare il bombardamento emotivo cui sono sottoposti: la perdita di identità, o forse l’acquisizione di più personalità (nelle opere di Luca Lumaca), l’esaltazione del proprio ambiente di lavoro e dei mezzi con i quali si lavora (“Il lavoro nobilita l’uomo…” Alvise Bittente), gli angoli della periferia metropolitana (“a bi ci ttà” Marco Memeo) … sono esempi “del sentire” che i giovani artisti presenti a Quotidiana00 percepiscono.
Da qui si estrapola il motivo dominante (non cercato o voluto) dell’esibizione, e si finisce per rincontrare un tema che gli stessi curatori avevano abolito.Le testimonianze esposte nelle sale della Civica Galleria di piazza Cavour delineano i differenti iter artistici intrapresi dagli artisti (non a caso ci si trova dinnanzi a lavori fotografici, a video proiezioni, ad installazioni, a oli su tela, al disegno, a sculture di cartone e colla…) garantendo ad ognuno la propria “originalità d’espressione” da una parte, e mostrando le rispettive diversità tecniche dall’altra.
kranix
Quotidiana00” Dall’Archivio giovani artisti italiani
A cura di Virginia Baradel, Guido Bartorelli, Stefania Schiavon
22 settembre-15 ottobre 20000
Civica Galleria Piazza Cavour Padova
Info: Associazione G.a.I.
Tel. 800-807092
www.giovaniartisti.it Progetto Giovani,Vicolo ponte Molino, 7- 35137-Padova
Tel: 039 0498757893
progettogiovani@padovanet.itwww.padovanet.it/infogiovani
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arte giovane? si grazie!!!!! Era ora …dobbiamo sfrattare il vecchio modo di operare….NOI! Solamente NOI..giovani!
ciao
Cosa intendi per vecchio modo di parlare? Di che si tratterebbe questo sfratto? spiegati un po meglio !!!
Cara Ashley una delle caratteristiche storiche dell’arte contemporanea (8 e 900) è stata proprio quella di voler, ad ogni giro di vento, rivoluzionare il modo di “operare” (di artisti, critici, modi di pensare e quant’altro). Dicendo di voler sfrattare il modo di operare (qualunque esso sia) tu fai la dichiarazione più reazionaria che esista. Basta con le rivoluzioni, ritorniamo invece ad imparare (tecniche, stili, idee); e se proprio dobbiamo sfrattare qualcosa, sfrattiamo noi stessi (i concetti di specializzazione ad ogni costo, di velocità prima di tutto, i miti dei media). Riappropriamoci del tempo e dell'”operare” lento.
Mi riferivo semplicemente al modo di operare di matusa dell’arte che invadono il mercato e le esibizioni “istituzionalizzate” rispondendo alla semplice esigenza di un mercato sempre pù effimero…tutto qua. Desidero che i giovani (e mi includo) non facciano altro che spodestare le generazioni che li precedono (come funziona da secoli). Non dico senza assimilare i loro insegnamenti, ma facendo apprezzare i nostri miglioramenti (sempre se ve ne siano) o innovazioni. L’arte è arte…quindi se io giovane ho qualcosa da dire (tecniche rispettando!!!) fatemelo dire e basta, senza dover calare le brache o alzare le gonne (dato che son femminuccia!)
sono daccordo con Aschley
Per Ashley:
sei grande! Sottoscrivo in pieno quello che dici.
Ciao!
Di nuovo per Ashley. In ritardo rilancio la questione da te posta, non per polemizzare ma perchè è interessante. Non originale, ma interessante perché se ne parla fra di noi. Più volte mi sono chiesto se non è un po’ qualunquistico accusare il circuito del mercato dell’arte. I soldi hanno sempre centrato con l’arte. E’ vero che oggi questo rapporto sembra essersi sbilanciato verso i secondi, causando un’eccessiva mercificazione dell’arte. Dunque le domande che mi vengono sono due: 1. come si spiega che i paesi in cui il mercato dell’arte è più florido (U.S.A., Germania, Inghilterra, Svizzera) abbiano i migliori musei, le migliori mostre, le migliori politiche culturali e perfino le abitazioni dei migliori artisti (che lì si traferiscono non appena riescono a vendere un paio di opere e certe volte anche prima, grazie a borse di studio universitarie)? 2. cosa fanno gli artisti per opporsi a queste condizioni? Si dirà che devono mangiare anche loro. E’ vero, ma così non se ne viene fuori. Io mi chiedo perché, allora, non ritornare ad una vecchia abitudine, quella di aggregarsi in gruppi che sappiano imporre un proprio messaggio forte, che abbiano la forza di autotutelarsi ed autopromuoversi, costringendo il mercato a cercare l’arte e non viceversa. Oggi ci si può incontrare anche in internet: se ci sono le idee, saltino fuori, si impongano nuove tendenze figurative, si scriva un manifesto ma, soprattutto, lo si faccia in modo aggregato. Il branco sa difendersi dalla fiera, al massimo sacrifica i più deboli.
Dalli al mercato. E intanto ne siamo tutti vittime consapevoli: ai giovani d’oggi si vendono i vestiti dei figli dei fiori a cifre da capogiro. La cultura figurativa odierna non è illustrata né dalle parole dei critici, né dalle mostre, e men che meno dalle opere degli artisti. La cultura figurativa la si interpreta correttamente solo leggendo i listini delle case d’asta. Provateci e vedrete. Gli artisti d’oggi? Perduta gente. Vivono in una dimensione parallela rientrando nella nostra solo per scagliarsi contro il mercato e il “sistema” (che retorica!!), solo perché non li degna d’attenzione. Ma quando lo fa … apriti cielo! Il diavolo diventa acqua santa … e le bocche si cuciono … e nell’altra dimensione ci si fa anche la residenza.
Dunque…per la prima domanda direi che risposte non ce ne sono, se non la semplice constatazione che hai ragione, anche se questo non significa di certo che sia (bello) ottimale. Io non sono contro il MERCATO, ma contro una strana piega di sopravalutazione di opere definibili tali solo perchè dopo il nostro Dadaismo si è riusciti a far passare per arte molta roba (e permettimi il termine)che ha poco a che vedere con l’abilità tecnica. Non voglio dire che bisogna essere contro alle nuove tendenze d’arte, ma piuttosto che la “quantità” a dispetto della “qualità” non rende giustizia all’espressione artistica. Se valuti il caro Benjamin (idiota di professione) con il suo saggio circa la necessità di diffondere l’arte nel modo + capillare possibile, e del suo successivo passo che andrà a rinnegare il suo stesso proposito (il secondo saggio che smentiva le teroie da lui stesso formulate) noterai come oggi ci siamo proprio in mezzo. Siamo i figli di questa teoria malsana..e pericolosa. La cara e vecchia committenza è sempre un fatto assodato, ma la propinazione di opere a livello industriale riguarda solamente la nostra epoca…e lasciamelo dire..CHE PALLE!!!! Non vi è attenzione al nuovo, e in questo caso ci si riduce a recuperare come arte lo sputo sul muro di un qualsiasi “coccolato” artista doc, senza magari considerare la “merda d’artista” (di certo più intrigante) di un giovane di periferia che ha alle spalle anni di studi e riflessioni. Per quanto concerne i gruppi, direi che potrebbe essere una cosa fattibile, ma allo stesso tempo piuttosto complessa: bisognerebbe creare un manifesto centrato sulla ricerca, senza avere la presunzione di catalogare verità che possono essere smentite anche dopo pochi secondi. Nulla di altamente snoob o autoritario da volersi imprimere per forza di cose…ma solo un team di operatori dell’esprsssione…senza nessuna presta se non quella di farsi capie con mezzi differenti da quelli utilizzati in passato…internet insegna.
mi piace il vostro dibattito !!!