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Caotico e imprevedibile, spontaneo e virale, in una parola vitalistico. E’ questo il mondo dello sloveno Jaša (Mrevlje-Pollak, 1978) messo in scena nella notte non-stop dell’arte contemporanea veneziana. Performance, canti, musiche, violini, poesie e azioni spontanee realizzate da un collettivo internazionale sotto la regia dell’artista, che trasforma il centro culturale in un teatro di eventi in progress.
Si parte da un’operazione di azzeramento della dualità interno/estero degli spazi architettonici: un’installazione, un assemblaggio di vecchi pancali di legno grezzo “brutalista”, attraverso le trasparenze della vetrina invade e occupa visivamente l’esterno delle calli, connotandosi come forte presenza materica. Al contrario, sulle pareti, un wallpaper riproduce l’illustrazione, ingrandita e sgranata, di un paesaggio ottocentesco tratto dal libro dei ricordi dell’artista, smaterializzando i piani delle superfici murarie. A un’ulteriore analisi, l’installazione si rivela una scala d’accesso al secondo piano e, salendo, lo spettatore è chiamato, dopo aver calpestato un foglio che traduce sonoramente l’azione in scratches, a raggiungere la sala superiore rivestita da uno strato di soffice materiale bianco. La neutralità genera un’atmosfera soffusa, ovattata, che amplifica le percezioni, mentre al
Si parte da un’operazione di azzeramento della dualità interno/estero degli spazi architettonici: un’installazione, un assemblaggio di vecchi pancali di legno grezzo “brutalista”, attraverso le trasparenze della vetrina invade e occupa visivamente l’esterno delle calli, connotandosi come forte presenza materica. Al contrario, sulle pareti, un wallpaper riproduce l’illustrazione, ingrandita e sgranata, di un paesaggio ottocentesco tratto dal libro dei ricordi dell’artista, smaterializzando i piani delle superfici murarie. A un’ulteriore analisi, l’installazione si rivela una scala d’accesso al secondo piano e, salendo, lo spettatore è chiamato, dopo aver calpestato un foglio che traduce sonoramente l’azione in scratches, a raggiungere la sala superiore rivestita da uno strato di soffice materiale bianco. La neutralità genera un’atmosfera soffusa, ovattata, che amplifica le percezioni, mentre al
centro, posato sul pavimento, un neon acceso è Single, elemento mobile che può essere manipolato liberamente. Quest’ambiente empatico, rotto solo dal crescendo degli scratches che si riverberano ovunque, ospita lo Stanzino dell’alchimista, in cui un provetto negromante mescia e compone bevande aromatiche per esperienze gustative quasi futuriste. Abbandonando questo paradiso sensoriale, attraverso scale interamente ricoperte di spessa e morbida gommapiuma, le sensazioni tattili si acuiscono. Al regno dell’”hard”, dell’installazione di pancali, si contrappone il principio del “soft” di questa discesa; la ricerca di Jaša, in un continuo gioco di rimandi, è incentrata sulle contrapposizioni binarie spaziali e materiche.
Infine, come in uno specchio in cui si riflette l’autocoscienza, la presenza fisica del visitatore nell’ultimo spazio fa azionare una luce; una presa di consapevolezza, ribadita anche dal curatore Juan de Nieves, che invita il pubblico a firmare un’assunzione di responsabilità contro i rischi del percorso. Responsabilità anche concettuale che invita lo spettatore-attore ad abbandonarsi e ad interagire attivamente come parte integrante delle installazioni e delle performance, fino quasi a fondersi e a identificarsi con esse. Una processualità, quella di Jaša, continua, incessante, imprevedibile e non gerarchica, che tende a eliminare ogni limite, ogni confine, stravolgendo tutti i canoni della normale pratica espositiva.
Infine, come in uno specchio in cui si riflette l’autocoscienza, la presenza fisica del visitatore nell’ultimo spazio fa azionare una luce; una presa di consapevolezza, ribadita anche dal curatore Juan de Nieves, che invita il pubblico a firmare un’assunzione di responsabilità contro i rischi del percorso. Responsabilità anche concettuale che invita lo spettatore-attore ad abbandonarsi e ad interagire attivamente come parte integrante delle installazioni e delle performance, fino quasi a fondersi e a identificarsi con esse. Una processualità, quella di Jaša, continua, incessante, imprevedibile e non gerarchica, che tende a eliminare ogni limite, ogni confine, stravolgendo tutti i canoni della normale pratica espositiva.
enrico padovani
mostra visitata il 23 marzo 2012
dal 23 marzo al 16 aprile 2012
JAŠA – Single
a cura di Juan de Nieves
A + A – Centro Espositivo Sloveno
Calle Malipiero 3073, San Marco (30124) Venezia
Orario: da martedì a sabato 11-14/15-18
Info: tel. e fax +39 041 2770466 – info@aplusa.it– www.aplusa.it
[exibart]