Reduce, tra le altre, da mostre di respiro internazionale (
Sound Zero a Merano e la personale da Freight+Volume a New York),
Laurina Paperina (Rovereto, 1980) prosegue con il suo nuovo filone comico-splatter. Dopo gli artisti che periscono delle loro stesse manie, tocca adesso a vari personaggi dell’immaginario pop soccombere sotto i morsi del suo vorace cervello da zombie. Si tratta di un caustico video animato, introdotto da un murales in cui la materia cerebrale, fuoriuscendo dal cranio dell’artista, si sviluppa tridimensionalmente su una casetta in legno. All’interno avviene la visione dell’animazione. Gli scricchiolii provocati muovendosi sul legno richiamano un topos dei film horror, genere a cui questa opera facetamente si riferisce. Lo stesso titolo,
Brain Dead, è un omaggio all’omonimo film di
Peter Jackson, un cult della commedia horror-splatter.
Sullo schermo, il saltellante cervello di Paperina si muove azzannando diversi personaggi appartenenti all’immaginario di massa, mostrandoci anche le loro rispettive manie. Come al solito, è la dimensione del gioco (auto)canzonatorio la base su cui svolge la sua poetica, dove è evidente il contrasto fra lo stile infantile e un contenuto così spudoratamente violento.
In tal modo, crea il cortocircuito che annulla l’orrore per le azioni rappresentate e, miscelandole con frasi e musichette allusive, ottiene un risultato ironico e divertente. Un contrasto che si allinea alla concezione posta in atto dai “contro-cartoon” (South Park, per fare un solo esempio), dai quali però il suo lavoro si smarca per la mancanza di qualsivoglia intento satirico e morale. Il suo cervello rosa fa a pezzi, infettandoli, i puffi e Homer Simpson, così come Paris Hilton e due icone contrapposte come Osama Bin Laden e George W. Bush.
Damiano Nava (Brescia, 1982) è invece un emergente a tutti gli effetti. Espone un polittico fotografico composto da cinque scatti, che con altri lavori presenti in galleria è raccolto sotto il titolo
Closeness. Tra l’artista e i personaggi ritratti esiste un legame che va al di là del rapporto fotografo-modello: come in
Nan Goldin o in
Wolfgang Tillmans, le opere scaturiscono da una relazione esistenziale paritaria. Evita le qualità formali caratterizzanti certa fotografia di matrice pittoricista, per avvicinarsi invece più all’istantanea come testimonianza di legami emotivi. Proprio come nell’album di famiglia, che raccoglie le immagini dei parenti, degli amici, degli amanti.
Alcune di queste fotografie si avvicinano alla pornografia, ma è una pornografia affrancata dal cliché rock della trasgressione sessuale di un
Terry Richardson, trattando invece il sesso con lo spirito più lieve, proprio della sua generazione.