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21
gennaio 2008
fino al 17.II.2008 Stephen Bottomley / Maria Grazia Rosin Venezia, Palazzo Fortuny
venezia
Tra sogno e realtà, le creature vitree di Rosin occupano il pianterreno del mirabolante Palazzo Fortuny. Doppiate al piano nobile dalle orafe sperimentazioni dell’inglese Bottomley. Fra tradizione e avvenirismo, e un abito ideato dal padrone di casa...
Gelatine Lux di Maria Grazia Rosin (Cortina d’Ampezzo, 1958; vive a Venezia), allestita al piano terra di Palazzo Fortuny -la casa atelier di Mariano, finalmente aperta al pubblico in tutti i suoi spazi, secondo un nuovo percorso museale ricco di stimoli- si presenta come una grande “installazione”. Folpi, virux, ventosiani, venussiani, medusiani, creature un po’ fantastiche e un po’ reali, eseguite in vetro opaline, alessandrine, ametista, pasta vitrea di diversi colori e illuminate da luci alogene, led e fibre ottiche, sono le opere scultoree in vetro soffiato che Rosin espone. L’artista le ha disegnate e realizzate grazie alla collaborazione e al sodalizio con affermati maestri vetrai, quali Sergio Tiozzo e Pino Signoretto. La luce “organica” emanante da questi strani organismi, unita ai brani di musica elettronica dei Visnadi & Camomatic e alla vorticosa immagine video realizzata dalla stessa artista in collaborazione con Andrew Quinn, esperto di video e computer grafica, contribuisce a creare una dimensione immaginifica di grande suggestione.
Rosin è un’artista ormai nota sulla scena internazionale, le sue opere “nascono già adulte”, sostiene Silvio Fuso, curatore della mostra. E, naturalmente, l’esperienza artistica che ha maturato nel corso degli anni -Lia Durante li racconta tutti in dettaglio, in un’appassionata biografia a catalogo- non lascia spazio a improvvisazioni e tentennamenti. Nonostante i meritati successi conseguiti, con personali e collettive in Italia e all’estero, nonché con la presenza nelle collezioni di musei come il Corning Museum of Glass di New York, il Kunst Museum di Düsseldorf e il Museo del Vetro di Murano, in lei è sempre vivo e forte il desiderio di sperimentare e “intrecciare” la sua arte con altre espressioni artistiche. Pertanto, il saggio così superbamente esemplificato in quest’installazione è certamente destinato ad avere un seguito.
All’ambito del linguaggio sperimentale e della contaminazione di stili e metodi, tradizionali e innovativi, si rivolge pure l’opera dell’artista inglese Stephen Bottomley (Norwich, 1967), che in quest’occasione rende omaggio alla creatività eclettica e avveniristica di Mariano Fortuny, grande sperimentatore e designer ante litteram. Gioielliere, anzi orafo, come ama definirsi -qui il pensiero vola alle botteghe rinascimentali dove i ragazzi, futuri scultori, venivano avviati a quest’arte- Bottomley presenta gioielli che sono vere opere scultoree, il prodotto, tanto felice quanto difficile da realizzare, dell’incontro fra progettazione digitale e abilità tecnico-artigianale. Le creazioni -ciondoli, bracciali, collier- sono ispirate ai disegni e alle visioni di Mariano Fortuny e sono ottenute con materiali quali acrilico, acciaio, argento e titanio.
Grazie all’attenta ricostruzione degli ambienti di un tempo, il visitatore di Palazzo Fortuny viene avvolto da un’autentica atmosfera bohémienne prima di imbattersi -insieme agli avveniristici gioielli di Stephen Bottomley e senza incorrere in alcun anacronismo stilistico o storico- in Henriette, la moglie di Mariano, che indossa un delphos, l’abito che il marito aveva espressamente ideato per lei.
Rosin è un’artista ormai nota sulla scena internazionale, le sue opere “nascono già adulte”, sostiene Silvio Fuso, curatore della mostra. E, naturalmente, l’esperienza artistica che ha maturato nel corso degli anni -Lia Durante li racconta tutti in dettaglio, in un’appassionata biografia a catalogo- non lascia spazio a improvvisazioni e tentennamenti. Nonostante i meritati successi conseguiti, con personali e collettive in Italia e all’estero, nonché con la presenza nelle collezioni di musei come il Corning Museum of Glass di New York, il Kunst Museum di Düsseldorf e il Museo del Vetro di Murano, in lei è sempre vivo e forte il desiderio di sperimentare e “intrecciare” la sua arte con altre espressioni artistiche. Pertanto, il saggio così superbamente esemplificato in quest’installazione è certamente destinato ad avere un seguito.
All’ambito del linguaggio sperimentale e della contaminazione di stili e metodi, tradizionali e innovativi, si rivolge pure l’opera dell’artista inglese Stephen Bottomley (Norwich, 1967), che in quest’occasione rende omaggio alla creatività eclettica e avveniristica di Mariano Fortuny, grande sperimentatore e designer ante litteram. Gioielliere, anzi orafo, come ama definirsi -qui il pensiero vola alle botteghe rinascimentali dove i ragazzi, futuri scultori, venivano avviati a quest’arte- Bottomley presenta gioielli che sono vere opere scultoree, il prodotto, tanto felice quanto difficile da realizzare, dell’incontro fra progettazione digitale e abilità tecnico-artigianale. Le creazioni -ciondoli, bracciali, collier- sono ispirate ai disegni e alle visioni di Mariano Fortuny e sono ottenute con materiali quali acrilico, acciaio, argento e titanio.
Grazie all’attenta ricostruzione degli ambienti di un tempo, il visitatore di Palazzo Fortuny viene avvolto da un’autentica atmosfera bohémienne prima di imbattersi -insieme agli avveniristici gioielli di Stephen Bottomley e senza incorrere in alcun anacronismo stilistico o storico- in Henriette, la moglie di Mariano, che indossa un delphos, l’abito che il marito aveva espressamente ideato per lei.
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dal 14 dicembre 2007 al 2 marzo 2008
Stephen Bottomley – Tech-Tile. Gioielli
dal 14 dicembre 2007 al 17 febbraio 2008
Maria Grazia Rosin – Gelatine Lux
Palazzo Fortuny
Campo San Beneto (San Marco 3958) – 30124 Venezia
Orario: da mercoledì a lunedì ore 10-18
Ingresso: intero € 7; ridotto € 4
Catalogo Il Poligrafo
Info: tel. +39 0415200995; fax +39 0415223088; mkt.musei@comune.venezia.it; www.museiciviciveneziani.it
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