Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
19
settembre 2007
fino al 18.XI.2007 La rivoluzione dell’immagine Vicenza, Gallerie di Palazzo Leoni Montanari
venezia
Pesci e pavoni, zucche e balene, tessuti tinti in porpora e vetri blu. La nascita di una religione e la sua promozione iconografica. Raccontate attraverso gli usi e i significati delle immagini…
Un giovane ricciuto che sorregge un agnello sulle spalle è un pastorello d’Arcadia oppure Orfeo, Mercurio, magari Gesù Cristo? Una rivoluzione dell’immagine, la sua trasmigrazione a un nuovo significato, è quella che si compie nel mondo romano tardo-antico, quando il Cristianesimo, dopo la sua legalizzazione, s’impone con il riutilizzo di figure prese da contesti precedenti. Fagocitandone le rappresentazioni, utilizza un codice visivo efficace, che contiene nuovi significati per trasmettere le letture cristologiche.
La mostra sull’arte paleocristiana curata da Fabrizio Bisconti e Giovanni Gentili s’inserisce in un ciclo di esposizioni dedicato ai Percorsi nel sacro, voluto dalla direttrice dell’istituto Fatima Terzo. L’intento è quello di collegare idealmente la nascita delle prime espressioni figurative cristiane alla rilevante collezione di icone custodita in permanenza, spiegando il cammino che ha portato a definire alcune tipologie rappresentative, dai primi secoli dopo Cristo alla completa affermazione del culto. Si tratta di una mostra ardua, costellata da capolavori estremamente preziosi, il cui maggior merito consiste nell’accostare come una campionatura, sia pure d’eccellenza ma ristretta per necessità (dati gli spazi a del palazzo barocco), tutto un immaginario emozionante ma molto complesso per l’osservatore che ne ignori i contesti storico-artistici.
Ottanta opere tra sculture, dipinti, vetri, avori, mosaici, argenti e due reperti in tessuto raccontano in sei “stazioni” l’avanzata dei cristiani, dall’epoca delle catacombe e dei simboli segreti impiegati per non farsi riconoscere -come il graffito che traccia un pesce: dall’acrostico della parola greca si ricava l’espressione “Gesù Cristo figlio di Dio salvatore”- alla piena affermazione delle gerarchie ecclesiastiche. Il processo col quale i cristiani si appropriano degli ambiti occupati dagli dèi pagani inizia con l’apposizione a Cristo delle virtù di Ercole, chiamato “salvatore”, di Mitra o del Sole (rappresentato dalla testa in tarsie marmoree colorate del mitreo di santa Prisca di Roma, emblema della mostra, o dall’ara dedicata al Sole invitto dei Musei Vaticani), a cui ruba anche la festività del dies natalis, ovvero il Natale. I deliziosi giardini pompeiani, come quello con sfinge dipinto su un muro nella casa del bracciale d’oro, diverranno emblemi del paradiso abitato da angeli, come gli amorini del grande piatto con scena dionisiaca in vetro blu cobalto. Le allegorie del faro e della nave vengono impiegate per raffigurare il viaggio dell’anima nell’aldilà e il favoloso pavone in bronzo dorato che ornava il mausoleo di Adriano è prontamente riusato nell’atrio della basilica medievale di san Pietro, grazie alla presunta incorruttibilità delle piume dell’animale e al conseguente richiamo alla resurrezione. Richiamo che torna nelle cucurbitacee che orneranno, in sfondi e festoni, le rappresentazioni di Madonne con fanciullo, in conseguenza dell’episodio biblico del profeta Giona che, dopo i tre giorni canonici, viene rigettato dalla balena in un campo di zucche.
Dagli oranti in mosaico alle pietre con l’arca di Noè in forma cubica, dai vetri dorati ai dittici in avorio che mostrano i festosi cerimoniali della corte bizantina (nel cosiddetto dittico di Murano o in quello del barbaro Stilicone e della moglie parati a festa), il ratto delle immagini si fa inequivocabile con Giustianiano, che fa apporre il suo ritratto sulla precedente effige a mosaico di Teodorico in Sant’Apollinare Nuovo di Ravenna. Terminano la disanima una parata di “amici di Cristo”: i martiri affrescati nelle catacombe di san Gennaro a Napoli, san Paolo, san Pietro con folti capelli bianchi, teste e busti in marmo, infine alcune icone, come quella che rappresenta il I concilio di Nicea del 325, dove si discute della vera fede fra ortodossia e arianesimo.
La mostra sull’arte paleocristiana curata da Fabrizio Bisconti e Giovanni Gentili s’inserisce in un ciclo di esposizioni dedicato ai Percorsi nel sacro, voluto dalla direttrice dell’istituto Fatima Terzo. L’intento è quello di collegare idealmente la nascita delle prime espressioni figurative cristiane alla rilevante collezione di icone custodita in permanenza, spiegando il cammino che ha portato a definire alcune tipologie rappresentative, dai primi secoli dopo Cristo alla completa affermazione del culto. Si tratta di una mostra ardua, costellata da capolavori estremamente preziosi, il cui maggior merito consiste nell’accostare come una campionatura, sia pure d’eccellenza ma ristretta per necessità (dati gli spazi a del palazzo barocco), tutto un immaginario emozionante ma molto complesso per l’osservatore che ne ignori i contesti storico-artistici.
Ottanta opere tra sculture, dipinti, vetri, avori, mosaici, argenti e due reperti in tessuto raccontano in sei “stazioni” l’avanzata dei cristiani, dall’epoca delle catacombe e dei simboli segreti impiegati per non farsi riconoscere -come il graffito che traccia un pesce: dall’acrostico della parola greca si ricava l’espressione “Gesù Cristo figlio di Dio salvatore”- alla piena affermazione delle gerarchie ecclesiastiche. Il processo col quale i cristiani si appropriano degli ambiti occupati dagli dèi pagani inizia con l’apposizione a Cristo delle virtù di Ercole, chiamato “salvatore”, di Mitra o del Sole (rappresentato dalla testa in tarsie marmoree colorate del mitreo di santa Prisca di Roma, emblema della mostra, o dall’ara dedicata al Sole invitto dei Musei Vaticani), a cui ruba anche la festività del dies natalis, ovvero il Natale. I deliziosi giardini pompeiani, come quello con sfinge dipinto su un muro nella casa del bracciale d’oro, diverranno emblemi del paradiso abitato da angeli, come gli amorini del grande piatto con scena dionisiaca in vetro blu cobalto. Le allegorie del faro e della nave vengono impiegate per raffigurare il viaggio dell’anima nell’aldilà e il favoloso pavone in bronzo dorato che ornava il mausoleo di Adriano è prontamente riusato nell’atrio della basilica medievale di san Pietro, grazie alla presunta incorruttibilità delle piume dell’animale e al conseguente richiamo alla resurrezione. Richiamo che torna nelle cucurbitacee che orneranno, in sfondi e festoni, le rappresentazioni di Madonne con fanciullo, in conseguenza dell’episodio biblico del profeta Giona che, dopo i tre giorni canonici, viene rigettato dalla balena in un campo di zucche.
Dagli oranti in mosaico alle pietre con l’arca di Noè in forma cubica, dai vetri dorati ai dittici in avorio che mostrano i festosi cerimoniali della corte bizantina (nel cosiddetto dittico di Murano o in quello del barbaro Stilicone e della moglie parati a festa), il ratto delle immagini si fa inequivocabile con Giustianiano, che fa apporre il suo ritratto sulla precedente effige a mosaico di Teodorico in Sant’Apollinare Nuovo di Ravenna. Terminano la disanima una parata di “amici di Cristo”: i martiri affrescati nelle catacombe di san Gennaro a Napoli, san Paolo, san Pietro con folti capelli bianchi, teste e busti in marmo, infine alcune icone, come quella che rappresenta il I concilio di Nicea del 325, dove si discute della vera fede fra ortodossia e arianesimo.
articoli correlati
L’iconografia dell’orante a Ravenna
stefania portinari
mostra visitata l’8 settembre 2007
dall’8 settembre al 18 novembre 2007
La rivoluzione dell’immagine. Arte paleocristiana tra Roma e Bisanzio
a cura di Fabrizio Bisconti e Giovanni Gentili
Gallerie di Palazzo Leoni Montanari – Contra’ santa Corona 25 – Vicenza
mostra promossa da banca Intesa-San Paolo
orario: da martedì a domenica 10-18
ingresso unico alle gallerie e alle collezioni € 5,00 (riduzioni € 4,00); gratuito per le scolaresche
informazioni e prenotazioni al numero verde 800.201782 – informazioni@palazzomontanari.com – www.palazzomontanari.com
catalogo Silvana Editoriale
laboratorio didattico per ragazzi e adulti su prenotazione
nella biblioteca specializzata possibilità di consultazione in formato elettronico dell’Index of Christian Art, archivio digitale sull’arte cristiana dal tardo antico all’età moderna studiato dalla Princeton University, fruibile solo presso poche istituzioni autorizzate
La rivoluzione dell’immagine. Arte paleocristiana tra Roma e Bisanzio
a cura di Fabrizio Bisconti e Giovanni Gentili
Gallerie di Palazzo Leoni Montanari – Contra’ santa Corona 25 – Vicenza
mostra promossa da banca Intesa-San Paolo
orario: da martedì a domenica 10-18
ingresso unico alle gallerie e alle collezioni € 5,00 (riduzioni € 4,00); gratuito per le scolaresche
informazioni e prenotazioni al numero verde 800.201782 – informazioni@palazzomontanari.com – www.palazzomontanari.com
catalogo Silvana Editoriale
laboratorio didattico per ragazzi e adulti su prenotazione
nella biblioteca specializzata possibilità di consultazione in formato elettronico dell’Index of Christian Art, archivio digitale sull’arte cristiana dal tardo antico all’età moderna studiato dalla Princeton University, fruibile solo presso poche istituzioni autorizzate
[exibart]