Dopo Roma, i light box turneriani di
Hiroyuki Masuyama (Tsukuba, 1968; vive a Düsseldorf) arrivano a Verona, ma anche alla MLB Home Gallery di Ferrara, in occasione della grande mostra dedicata al pittore inglese da Palazzo dei Diamanti. Un omaggio, quello del giapponese, che – dopo la serie dedicata a
Caspar David Friedrich – continua a rincorrere opere di artisti in grado di superare il realismo della visione, combinando elementi estranei a favore della creazione di immagini che rappresentano la realtà in un modo emotivamente più complesso e non neutrale.
Masuyama ha ripercorso l’itinerario dei viaggi di
William Turner da Londra all’Italia, rivisitandone i luoghi, riscoprendo gli scorci che ne hanno ispirato le tele e prendendo con la macchina fotografica migliaia di appunti visivi, poi ricombinati insieme nel suo studio di Düsseldorf. Qui, attraverso la sovrapposizione di differenti immagini, combinando centinaia di scatti, come in una sorta di mosaico digitale di fotografie e loro frammenti, ha ricreato le opere dell’artista inglese.
L’effetto dei light box così ottenuti, a distanza, è quello di riproduzioni del tutto fedeli agli originali, in grado di accentuare la suggestione con cui rendono la luce, grazie alla retro-illuminazione. Da vicino, invece, rivelano le stratificazioni degli scatti che le costituiscono, animando le immagini con trasparenze e dissolvenze di elementi estranei, anacronistici rivelatori della nostra epoca sullo sfondo dei quadri ottocenteschi.
Così, in
The Grand Canal by the Salute, figure di turisti e passanti appaiono come fantasmi, semitrasparenti, tra la scalinata e il Canal Grande. Oppure, in
A Wreak, una colonna di fumo si rivela composta da un accumulo di archi, volte e decorazioni del soffitto di una chiesa.
Nei suoi precedenti lavori, l’artista giapponese aveva già riflettuto sull’identità dello spazio nel mutare del tempo: nella serie
Private Room, trovando uno sguardo capace di fissare l’immobilità e la permanenza di un’abitazione, al di là del frenetico affannarsi di chi l’aveva attraversata per trent’anni; oppure, nella serie
Park, documentando per un anno intero il panorama di un parco, spostando ogni giorno la camera di un solo grado.
Ora anche l’identità dei luoghi viene sacrificata a quella della loro immagine. I frammenti ricomposti non sono più omogenei, non appartengono soltanto a tempi differenti, ma uniscono anche luoghi diversi, interni ed esterni, frammenti e vedute, per cercare di rispettare la suggestione dei quadri turneriani.
Ma, paradossalmente, è proprio dove le opere di Masuyama rinunciano alla fedeltà e rilasciano le ombre dei fantasmi che li abitano, dove rivelano le sovrapposizioni e gli anacronismi, che si fanno più credibili. Cessando di essere semplici, per quanto elaborate, copie.