Raddoppia la galleria d’arte moderna e contemporanea di Flora Bigai. I nuovi spazi che vanno a bissare quelli di Pietrasanta (Lucca) si trovano a Venezia, nella zona della Frezzeria, a due passi da Piazza San Marco.
Nei tre piani della galleria in mostra fino a settembre la recentissima produzione dello scultore Giuseppe Maraniello (Napoli, 1945, vive e lavora a Milano) che, attraverso trenta opere tutte concepite per questa
Tre piani, tre cicli di sculture, tre graduali stimoli cromatici, tre diverse proposte materiche. Il bronzo scuro al primo livello; l’oro e l’argento lucenti al secondo; l’inedito marmo biancheggiante all’ultimo. Un tris che potrebbe non aver fine e che promette imminenti e ulteriori sviluppi nel tutt’altro che esaurito vocabolario del maestro napoletano. La mostra inizia idealmente con la scultura Rebis (2002), un uomo (atleta? cavernicolo?) balza raffinato di vetta in vetta in un infinito panorama montano di guglie bronzee. Il lavoro è molto simile a quello che l’artista ha installato a Trento, nell’atrio della facoltà di Giurisprudenza, ultima opera pubblica di un’ampia schiera a firma Maraniello. Al secondo piano l’alfabeto creativo dello scultore si dipana in cromatismi oro-argento che evidenziano le consuete scene di caccia, guerre preistoriche, elementi arcaici, strutture architettoniche.
Il valore narrativo della mostra si amplia e si conclude al terzo piano, che stupisce per il marmo, abbagliante di luminescenze candide (materiale utilizzato per la prima volta dall’artista). Gli sfondi dei quadri, sempre scultorei, non sono – come potrebbe sembrare ad una prima occhiata – richiami alle incisioni rupestri, ma vecchi disegni infantili di Gianfranco, figlio dell’artista e noto critico d’arte contemporanea. Da un’altra parte un piccolo demonietto se ne sta in ironica posizione d’attesa in cima
Il catalogo, che presenta anche un testo di Maurizio Sciaccaluga, pone ulteriore suggello alla collaborazione tra Maraniello e uno dei maggiori poeti contemporanei del nostro paese; nelle prime pagine sono ospitati infatti alcuni bellissimi versi di Mario Luzi.
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Senza togliere nulla al maestro Maraniello ma queste sculture sono di una vecchia generazione ormai digerita. Pesano, sono ferme,sanno distanti, intoccabili. Mi fanno venir voglia delle sculture di Gianni Caravaggio, leggere, sensibili...una carezza.