Le opere d’arte hanno spesso celebrato il raggiungimento di uno status. Ritratti, busti e statue equestri hanno immortalato personaggi illustri, raffigurando le loro immagini sulla tela, nella pietra o nel bronzo, le hanno consegnate alla storia, ad imperitura memoria. È da qui che parte Disposable, l’ultimo progetto di Chris Gilmour (Stockport, Bristol, 1973; vive a Trieste) presentato alla Galleria Perugi. Prendendo spunto da foto e ritratti di inizio Novecento, le opere dell’artista inglese riflettono sulla permanenza dei volti di personaggi storici anonimi. Sono illustri sconosciuti di cui è rimasta soltanto la figura, mentre la memoria delle loro azioni si è persa completamente. Lo spazio espositivo è dominato da una grande scultura equestre che sfrutta in altezza l’ampio volume offerto dalla galleria, mentre quattro busti sono collocati lungo la parete, equidistanti. Sui piedistalli bianchi spicca il loro colore nero bronzo. L’allestimento è volutamente di impianto classico, museale, per sottol
Nella project room, le inquietanti visioni di Neil Farber (Fosston, Saskatchewan, 1975) animano Please Give Blood, un polittico orizzontale su sedici fogli, in cui le tre parti fluiscono l’una all’altra. Una fanciulla morta sdraiata sull’erba. Gli occhi sbarrati e le mani giunte sul ventre. Sopra il suo viso alcuni colibrì si separano dall’indifferente volo del denso stormo che li sovrasta. Su tutto incombe, più in alto, un esercito di uomini-teschio, con t-shirt rosse come uniformi. In basso, in un nulla bianco si sparge il sangue della ragazza.
Ancora una volta, lo stile macabro e ironico dell’artista canadese lascia libero spazio alle figure che popolano il suo inconscio, in un continuo confronto tra la vita e la morte, tra l’identità e l’indifferenziazione, tra il volto e il teschio sottostante.
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