Escluso di buona norma dalle conversazioni, il denaro sembra essere ormai l’ultimo tabù della nostra società. Nonostante ne costituisca, in realtà, la base. È invece un elemento ricorrente in questa mostra, funzionando come ideale filo rosso, che sottolinea rimandi e analogie fra le opere dei due artisti coinvolti.
Tom Molloy (Waterford, 1964; vive a County Clare), alla sua prima personale in Italia, s’inserisce nel contesto spostando il livello del discorso sulla tematica che gli è più cara: l’attualità in ambito geopolitico. Migliaia di aeroplanini fatti con le banconote da un dollaro, conficcati lungo l’intera parete espositiva, attraggono da subito lo sguardo. È chiaro il riferimento ai fatti dell’11 settembre, che però vengono qui proposti in una chiave di lettura non così netta (e superficiale) come quella che i mass media in genere forniscono. È infatti emblematico che siano proprio i dollari a costituire gli aeroplanini, lasciando intuire che la stessa forza economica dell’America sia in realtà un’arma a doppio taglio, capace di ritorcersi contro il legittimo proprietario.
Al contrario, l’altro lavoro di Molloy par bilanciare l’imponenza e la centralità del primo con dimensioni ridotte e linguaggio più sottile.
Un filo bianco scende dal soffitto, quasi scomparendo fra le pareti, e regge una piccola cartina geografica del mondo, appallottolata come se fosse un foglio di carta da cestinare. Sospeso nel suo particolare universo, il pianeta oscilla in conseguenza dell’azione dei visitatori, invitati a soffiarci sopra. Sembra una sorta di dichiarazione che dice del coinvolgimento di noi tutti, responsabili del suo (pessimo) stato attuale.
Focalizzato sulle vicende di casa nostra è invece
Alvise Bittente (Venezia, 1973). Il sistema dell’arte nostrano è rappresentato come un teatrino in cui ci si dibatte per poco o niente, e un vecchio stampo di mille lire è irriguardosamente ritoccato, facendo del Giuseppe Verdi ritratto un ridicolo, e ovviamente bugiardo, Pinocchio.
A ben vedere, l’attuale progetto di Bittente è il proseguimento coerente d’una critica portata avanti con la consueta, beffarda ironia almeno a partire dalla sua mostra
Strip comics, allestita due anni or sono alla Bevilacqua La Masa. Lo sguardo non è cambiato, ma sembra adesso mettere ancora più a fuoco la vittima: l’artista pop – che dalla sua cameretta, protetto e al contempo imprigionato nella sua eterna condizione tardo-adolescenziale, osserva il mondo contemporaneo – e il sistema dell’arte italiano che ne è popolato.
Logico, quindi, che nella sua installazione una camicia da scout sia sistemata all’altezza di un adulto (o, appunto, di un bambino cresciuto), e che oggi il paesaggio con rovine – tipico soggetto dell’arte settecentesca – divenga un’automobile-giocattolo travolta da una valanga di rivoltosi sampietrini no global.
Completa l’esposizione una serie di chine e collage su carta plastificata. Dove alcune immagini riprendono direttamente il lavoro installativo, mentre altre variano sul tema, viaggiando tra le mirabolanti fantasie dell’artista veneziano.
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no, non c'entrano i no globalla, ma esiste un lancio di porfido da qualsiasi autostrada, che perfida inganna
sospetto seriamente che a Perugi non lasciassero vedere la tivù dei ragazzi...e basta coi giochini!!!
Sì, queste critiche al sistema e questi mezzucci formali, hanno veramente stancato...bittente criticherà se stesso che sta li a "esporre" e "mostrare" da perugi...