Chi non conoscesse a fondo le scelte di questa galleria rimarrebbe spiazzato dalla scelta dei due artisti che si dividono gli spazi della mostra che inaugura la nuova stagione. C’è una grande differenza -di età, di medium utilizzato, di sensibilità, di linguaggio- eppure rappresentano differenti declinazioni di quel modo di fare arte a cavallo tra pop, cartoon e ironia, che è il vero marchio di fabbrica Perugi. Stavolta però, coniugare due pensieri così eterogenei -da fare quasi a pugni- si rivela un’operazione eccentrica, anche se di sicuro interesse.
È Forest Park l’unica opera esposta di Blaise Drummond (Liverpool, 1967), un’installazione complessa caratterizzata dalla stratificazione di differenti mezzi espressivi: pittura su tela e su muro, collage, sabbia, piante. L’installazione nasce per giustapposizione di elementi, ma è la pittura a farla da padrona, sebbene relegata visivamente sullo sfondo. La tela, che raffigura senza alcun contesto ambientale una casa anni Sessanta (il cui tetto è citazione delle architetture razionaliste di Le Corbusier), non è semplicemente soggetto. Diventa essa stessa oggetto, collocata tra gli alberi disegnati sul muro e il pavimento di fronte in cui è adagiata una montagna di sabbia con tanto di veri arbusti. Così l’asciutto e distillato universo figurativo di Drummond, esponente della scuola irlandese con molte influenze pop inglesi, è mediato da una struttura corale che filtra e diluisce la percezione pittorica in una dimensione ambientale.
Sono all’insegna dell’ironia i video di Kensuke Koike (Nagoya, Giappone, 1980), nei quali egli stesso è protagonista di performance improbabili, raccontate con trucchi cinematografici da b-movie. In Don’t stop believin’ esegue una verticale su una sola mano appoggiato ad un muro, ma essendo inquadrato per lunghi secondi dalle ginocchia in giù si può dedurre che venga legato o opportunamente tenuto per i piedi da qualche assistente. In 13/06/2005, dopo mille tentativi e titubanze riesce a saltare sul tetto di un garage senza sforzo, mentre in Watch quietly and learn, torso nudo alla Bruce Lee, spegne numerose candele con rapidi movimenti da karatekida sottolineati dagli urli del caso e dal fruscio dell’aria. Filtrato dall’ironia e da immagini programmaticamente amatoriali, Koike ci racconta l’universo contemporaneo al grado zero.
Un universo visuale postmoderno, popolato di trovate, in cui è possibile che la propria ragazza, fotografata seguendo lo schema compositivo del Ritratto della propria madre di Whistler, si allunghi fino a diventare assurdamente filiforme.
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daniele capra
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