Perugi presenta la prima personale dei due artisti trovatisi a vivere entrambi a Los Angeles, il giovane Faris Mc Reynolds, nato a Dallas nel 1977, e Shirley Tse, classe 1968 e originaria di Hong Kong ma da anni negli States.
La grande diffusione della plastica a livello mondiale ha indotto la Tse a considerare come proprio la plastica sia, nelle infinite varianti, materiale comune a tutte le culture del pianeta, un sottile filo che oltrepassa frontiere e differenze etniche, politiche e religiose, per finire nelle case di tutti.
Segno dell’epoca delle ultime generazioni e della nostra, presenza costante del paesaggio (anche domestico), simbolo dell’inquinamento dell’ambiente, la plastica, come contenitore, è pelle degli oggetti nell’accezione di packaging, quindi ready made ideale, materiale di recupero adottato dall’arte.
La qualità di spicco delle sculture della Tse, costruite assemblando plastiche di varia foggia e natura, è di rinunciare alla costrizione della forma nell’ambito di un immaginario individuale, per far emergere, dalle forme dei singoli oggetti, come dai colori e dalla consistenza, predisposizioni naturali o logiche attitudini che si svelano per via additiva, negli agglomerati e nel trattamento modulare. Composizioni minimaliste aniconiche si alternano a soluzioni mimetiche dalle dinamiche surreali, organiche o meccaniche, che rimandano ai circuiti elettronici o agli utensili domestici.
Dalle immagini tratte dai media hanno invece origine i dipinti di Faris Mc Reynold, il quale però procede scaricando l’object trouvé dalle caratterizzazioni che lo rendono riconoscibile, riconsegnandolo alla tela in forma sintetica ed anonima. Con una pittura piana e bidimensionale egli raffigura scorci del tutto ignoti, tunnel, cancelli, muri, città viste da distanze quasi astrali, che appaiono come sogni o visioni.
E’ originale la capacità dell’artista di caricare i non-luoghi di una portata evocativa del tutto inattesa, in cui il rimando alla sfera affettiva appare accennato, ipotizzato, senza compiersi fino in fondo.
E ritorna anche la pratica di inquadrare ed inscrivere il soggetto: ora è una finestra, ora l’arco di una galleria, ora addirittura un arcobaleno. La tela assolve sempre alla funzione di diaframma, di filtro verso un al di là, con soluzioni da trompe l’oeil che richiamano la pittura fiamminga.
La profonda intimità dell’immaginario di McReynolds si svela in modo eclatante negli acquerelli su carta, di una qualità e una freschezza persino superiore alle tele di grandi dimesioni. In questi compare la figura umana, oppure si aprono visioni di incendi, di inquietanti emergenze architettoniche.
Ciò che accomuna le due serie di lavori è l’attesa, la tensione misteriosa, il presagio di un accadimento urgente.
Marco Altavilla, curatore della mostra, risolve in modo semplice ed effice l’allestimento, facendo perno sulle sculture della Tse e disponendo i dipinti lungo l’emiciclo della galleria, valorizzandone soprattutto le prospettive defilate, angoli e scorci che valorizzano l’immaginario di Mc Reynolds.
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