È una mostra fresca e leggera quella fotografica di
Yasumasa Morimura (Osaka, 1951) ospitata nella galleria veronese. Un’occasione interessante per vedere alcuni degli ultimi lavori dell’artista, tratti dalla serie
Requiem for the XX century, assieme a scatti realizzati nel ‘96, che immortalano il maestro nipponico nei panni di alcune delle attrici più importanti della storia del cinema e, immancabilmente, della storia del costume.
Lo spettatore è accolto da una parete in bianco e nero dove sono mostrati molti degli uomini simbolo del
secolo breve. In rapida sequenza, Albert Einstein che fa la linguaccia è affiancato da Adolf Hitler che parla di fronte ai microfoni, uno dei quali è un rugoso vibratore nero in stato interessante (!), mentre alle sue spalle si sta animando una claque di uomini vestiti con tanto di maschera da animale in stile parodistico. Ancor più spinto Che Guevara, l’immancabile simbolo di tutte le rivoluzioni del mondo moderno, ma stavolta con qualche borsa sotto gli occhi rispetto il celeberrimo scatto di
Korda, ormai da decenni entrato nel tritacarne mediatico.
Con la stessa abilità di camuffamento, Morimura – opportunamente truccato – spazia dall’eroe buono, seppur con il suo carico gracchiante e affaticato di prosopopea, a quello negativo per antonomasia. Ma, a fare i pignoli, il suo Hitler è inevitabilmente riproposizione di quello fantasmagorico di
Charlie Chaplin (come dimostrano le successive foto a colori, con il dittatore che gioca col mappamondo): si tratta, in buona sostanza, della copia della copia. Per dirla con una
boutade, si potrebbe quasi immaginare il suo lavoro come un
Hiroshi Sugimoto in salsa ketchup.
Ma, ovviamente, c’è dell’altro nell’opera di Morimura. C’è la concezione dell’arte come lavoro di spettacolo, la consuetudine del travestimento del teatro giapponese (in cui gli uomini si trovano a interpretare parti femminili, poiché alle donne non era consentito recitare), la volontà di far vivere istrionicamente la storia passata sulla propria persona. Ma anche l’esigenza di prendere le distanze dai miti occidentali che il Giappone si è sentito cucire addosso, a cui egli sembra rispondere con la parodia.
Non importa dunque, come nella serie delle
Actress – le foto in galleria lo ritraggono in versione Liza Minnelli, Haudrey Hepburn, Marilyn Monroe -, la perfetta verosimiglianza, quanto l’azione
dada di prendere per il naso lo spettatore.
O, meglio, di ridere assieme, anche delle manifeste differenze rispetto a un modello che si vorrebbe codificato e immutabile, come quello dei miti. Contrariamente al noto adagio, infatti, il riso non abbonda solo sulla bocca degli sciocchi.