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fino al 22.II.2004 | Giorgione. Le meraviglie dell’arte | Venezia, Gallerie dell’Accademia

di - 3 Novembre 2003

Nove opere potrebbero sembrare poche. In realtà sono un enormità considerando che l’universo pittorico di Giorgione si attesta su solo venticinque lavori certi. Esposte alle Gallerie dell’Accademia, hanno permesso a studiosi quali Aikema, Gentili, Mason, Settis, Perissa e Nepi Scirè di aggiungere un fondamentale tassello alla conoscenza di un artista restio a farsi svelare.
Poche le date certe del suo itinerario creativo che si svolge in meno di dieci anni di attività: il suo nome nel retro della Laura (proveniente dal Kunsthistorisches di Vienna insieme ai Tre Filosofi) con data 1506, e nei documenti della Serenissima in un contenzioso del 1508 per i suoi lavori al Fondaco dei Tedeschi. Nel 1510 muore di peste a Venezia. Il Vasari nelle Vite, raccogliendo testimonianze di chi l’aveva conosciuto tramanda che, malgrado le umili origini “non fu però se non gentile e di buoni costumi…e piacqueli il suono del liuto e … sonava e cantava …tanto divinamente”, che veniva chiamato nei colti circoli nobiliari veneziani dove probabilmente si forma la sua cultura iniziatica, astrologica e cabalistica.
Un libretto di appunti compilato tra il 1525 e il 1543 da un acuto conoscitore d’arte, Marcantonio Michiel, elenca tredici sue opere nelle case veneziane. Tra queste Tempesta, Tre Filosofi e Cristo portacroce sono presenti in mostra. Estraneo al circuito ecclesiastico, Giorgione guarda a Leonardo per la fusione coloristica e la definizione atmosferica, al realismo e al paesaggismo dei pittori nordici come Altdorfer, e come Michelangelo lascia non finite le sue opere che altri completano. Se analisi radiografiche, riflettografiche e stratigrafiche hanno messo in evidenza che la sua tecnica pittorica è ancora tardoquattrocentesca, più vicina a Bellini che a Tiziano, le sue opere “continuano ad eluderci… per eccessiva laconicità di dettato, per invalicabile reticenza semiotica” come afferma Gentili che per i Tre Filosofi traccia un’interpretazione accattivante del giovane seduto accanto a Mosè e a Maometto vedendo in lui l’Anticristo.
Resta enigmatica e carica di fascino la Tempesta, nello sguardo immobile e indifferente alle nubi nere e ai lampi che le squarciano della donna nuda che allatta sotto gli occhi divertiti di un soldato senza armi. Paesaggio con figure e non personaggi con sfondo, il dipinto è messo a confronto con l’unico disegno certo del Giorgione prestato dal Museo Boijmans van Beuningen di Rotterdam, e mentre il ritratto della Vecchia che reca l’emblematico cartiglio “col tempo” rimanda al realismo di tradizione fiamminga, il Putto alato (di collezione privata, comprato a Venezia da Ruskin nella seconda metà dell’Ottocento) aggiunge una tessera al perduto affresco del Fondaco dei Tedeschi.
Nella realtà pittorica di questo pittore non c’è distinzione tra forma e colore, paesaggio e figure che, non limitati contorni netti, partecipano con libera sensualità della stessa atmofera. Il soggetto diviene motivo per una contemplazione dell’universo e dell’essere. Giorgione non racconta storie, i suoi incanti pittorici sollecitano sensi e anima.

myriam zerbi


Giorgione. Le meraviglie dell’arte
Venezia Gallerie dell’Accademia
Venezia Dorsoduro 1050
Dal 1 novembre al 22 febbraio 2004
Tutti i giorni 8.15-19.15 tranne lunedì 9.15-14
Informazioni e prenotazioni 0415200345; 199199100
www.giorgione.org
Catalogo Marsilio


[exibart]

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  • Il "putto alato" di collezione inglese quasi certamente non è di Giorgione.Già alla presentazione della mostra si sono mostrati notevoli dubbi su quella che doveva essere la vera novità in fatto di attribuzioni.Molto più probabilmente è un brano di affresco di almeno un ventennio più tardo e di area emiliana.

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