Il corpo, l’io, la ricerca dell’identità e la scoperta dell’alterità sono alla base di questa mostra, che si caratterizza per il felice accostamento di opere di artiste affermate a livello internazionale a opere di artiste giovani e ancora emergenti. Il corto circuito che si viene a creare è avvertito come stimolo da parte delle giovani fotografe, liete di confrontarsi con i “guru” della scena artistica. Ma anche nel visitatore nasce l’interesse per l’accostamento di artiste tanto diverse per estrazione socio-geografica e formazione. Un interesse che suscita stimolanti riflessioni e molteplici rimandi culturali relativi all’intricata vicenda artistica degli ultimi trent’anni.
La foto di
Marina Abramovic, dal taglio spericolato e l’espressione serena, sottende, in realtà, una performance ardita, con significati, come sempre, di natura sociale e politica. L’artista, di fatto, è distesa e lascia che il pubblico usi su di lei degli strumenti (tra cui una sega, un’ascia, una rosa, del miele) disposti su un tavolo. Ha sempre origine da una performance sul corpo femminile, sia pure meno rischiosa, la foto di
Vanessa Beecroft. L’artista, dalla metà degli anni ’90, va elaborando un proprio linguaggio espressivo con il quale affronta i temi dell’identità e della sessualità.
Non appartengono alla finzione cinematografica -sebbene i colori acidi della stampa e la ricercatezza del trucco e dell’abbigliamento dei soggetti possono ricordarcelo- le fotografie di
Nan Goldin, che ritraggono situazioni violente in cui l’artista è coinvolta in prima persona. La finzione invece c’è, ma è trattata con grande autoironia nei travestimenti che
Cindy Sherman attua su se stessa, restituendoceli in sorprendenti autoritratti. Riscatto, evasione, denuncia e grande forza creativa troviamo ancora nelle opere delle fotografe mediorientali
Shirin Neshat e
Mona Hatoum, emigrate in Occidente ma recanti nell’anima i segni e la storia delle loro terre contrastate.
Lo sguardo che le giovani artiste emergenti, fra le quali
Giulia Caira,
Silvia Camporesi e
Barbara La Ragione, rivolgono a se stesse e al mondo femminile, in generale, è uno sguardo che, con modalità ed espressività diverse, vuole rendere omaggio alla propria femminilità e alla centralità del corpo. Ora truccato, ora travestito, ora alterato, è comunque sempre oggetto/soggetto di ricerca e sperimentazione. Uno strumento fondamentale di conoscenza del proprio ego e dell’alter ego.
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Nella recensione e nell'elenco artisti manca la fotografa torinese Tea Giobbio